Oggi 16 gennaio sono 30 anni dallo scoppio della prima guerra del Golfo, in cui la coalizione internazionale attaccò l’Iraq di Saddam Hussein. L’inizio della guerra e la sua rapida evoluzione non diedero la percezione all’uomo comune di quali sarebbero state le sue conseguenze, nel breve, medio e lungo periodo. Questa guerra in realtà avrebbe cambiato per sempre il volto della regione mediorientale inaugurando una stagione di instabilità che ancora oggi persiste.
Non ci sarà una terza guerra del golfo.
Il target killed del Generale Soleimani deve essere inquadrato nella necessità del governo USA di ristabilire gli equilibri proporzionali nell’area, tali da riportare gli americani ad un totale controllo dell’espansione iraniana.
L’azione dei militari Usa non può essere messa in relazione alla politica interna statunitense ed ai problemi del Presidente.
Con la riapplicazione unilaterale delle sanzioni sull'Iran lo scorso anno, l'amministrazione statunitense ha chiarito le sue intenzioni di applicare una vasta strategia anti-iraniana. Il recente tour del Medio Oriente del Segretario di stato americano Mike Pompeo faceva parte della dichiarazione del piano americano per la regione, a partire da Amman. L'approccio all'Iran non è nuovo, con un approccio simile adottato dal presidente George W. Bush, che aveva anche il falco John Bolton nella sua amministrazione anti-iraniana.
L'attuale approccio sembra essere un piano anti-iraniano più completo in fase, tempistica e obiettivo. Le sanzioni economiche sono uno strumento molto efficace contro l'Iran e il momento di riappropriarle dopo più di sette anni di guerra in Siria, dove le risorse dell'Iran sono state investite, è efficace, poiché le sanzioni sull'Iran possono raccogliere i frutti economici dalla ricostruzione di Siria.
Il Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) è stato definito da molti analisti “un raro successo diplomatico nel Medio Oriente” ed è il frutto di un lungo e difficile iter di negoziazioni, che ha visto convergere gli sforzi diplomatici delle più grandi potenze mondiali per affrontare il tema della politica nucleare in Iran. Seduti al tavolo delle trattative, i cinque Membri Permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la Germania, Federica Mogherini in rappresentanza dell’Unione Europea e l’Iran. Un percorso che si è concluso il 14 luglio 2015 a Vienna, con la firma dell’accordo.
Dopo l'annuncio americano di 12 richieste per l'Iran, la relazione bilaterale si è spostata su una posizione più aggressiva, con una netta possibilità di scoppio violento. La richiesta americana all'Iran di ritirare i suoi gruppi militari e alleati dalla Siria potrebbe essere un fattore scatenante per l'escalation in quanto un ritiro iraniano dalla Siria sarebbe estremamente difficile dopo così tanti anni. Inoltre, il disprezzo da parte dell'Iran per la richiesta di fermare organizzazioni di finanziamento come Hamas, la Jihad islamica e Hezbollah provocherà maggiori sanzioni nei confronti dell'Iran, sia a livello politico che finanziario.
Le dimissioni del primo ministro libanese Saad Hariri due settimane fa sono un indicatore della potenziale escalation locale con Hezbollah e l'escalation regionale con l'Iran. L'attesa di un'escalation imminente con Hezbollah esiste da mesi, poiché la fine della crisi in Siria avrebbe probabilmente spostato l'attenzione regionale sul gruppo sostenuto dall'Iran.
Oltre un decennio fa abbiamo assistito a un'escalation simile con l'assassinio del primo ministro libanese e padre di Saad, Rafiq Hariri nel 2005 e l'eventuale guerra contro Hezbollah nel 2006. All'epoca l'Iran era molto più debole e meno influente, e gli Stati Uniti avevano più politici capitale e ha avuto più risorse nella regione.
La coalizione sunnita guidata dai sauditi sta operando manovre militari per spostare armamenti e mercenari sulle coste occidentali dello Yemen, ovvero dove le maggiori riserve di petrolio yemenita sono presenti. Lo Yemen inoltre vanta grandi riserve anche nelle regioni di Ma’rib, al-Jawf, Shabwah e Hadhramaut, riserve però mai sfruttate.
The most important challenge is overturning the stereotype of the terrorist defined over the last three decades; especially now that they have young people with Western appearance and accents
Ha fatto bene il presidente Barack Obama a negoziare un accordo con l’Iran (che pone la fine delle sanzioni economiche) in cambio della promessa che lo sviluppo del nucleare iraniano servirà per soli scopi civili e non per scopi militari?
In sostanza l’Iran si è formalmente impegnato ad abbandonare il proprio programma relativo alle armi nucleari.
Le sanzioni internazionali contro l’Iran sono state sicuramente efficaci perché hanno creato un incentivo economico per l’Iran a sedere al tavolo delle trattative.
Gli analisti però accusano l’Iran di sponsorizzare il terrorismo internazionale in particolare di essere il maggior finanziatore di Hezbollah.
Da Ginevra a Losanna, dall’autunno del 2013 alla primavera 2015. Ecco un nuovo episodio di un’interminabile saga. Nato negli anni ’50, il programma nucleare iraniano tiene banco da oltre vent’anni[1]. Il 24 novembre del 2013, l’Iran e il gruppo dei P5+1 firmarono quello che è ufficialmente conosciuto come Joint Plan of Action (JPA), un accordo ad interim entrato in vigore il 20 gennaio dell’anno seguente. A Losanna, il 2 aprile scorso, è stata trovata l’intesa sui parametri che dovrebbero condurre alla stesura di un accordo definitivo entro la fine del mese di giugno.