Non aveva l’Unione Europea deciso di dare il suo contributo militare al fine di risolvere la crisi umanitaria che imperversa nella Repubblica Centrafricana? La risposta è “si” ma pare che le cose non stiano andando come avrebbero dovuto. Il 10 febbraio il Consiglio Europeo autorizzò la missione di peacekeeping EUFOR RCA[1] ma, finora, non sono stati fatti grandi passi avanti.
L’Ucraina di Yanukovich si sgretola nel sangue, la linea dura del dittatore non regge la spinta europeista e naufraga sulle barricate di disoccupati, studenti,operai,impiegati, ma soprattutto professionisti della guerriglia urbana.
Tutti uniti ed organizzati militarmente contro un uomo, un partito, una cultura ancora troppo legati ai modelli repressivi dell’est.
Il 25 febbraio dovrebbe essere completato il governo di unità nazionale, il nuovo Premier designato ad interim è Oleksandr Turchynov, braccio destro e fedelissimo di Yulia Tymoshenko, leader nel 2004 della rivolta arancione.
L'Unione Europea è pronta a lanciare la propria missione militare nella Repubblica Centrafricana. La decisione è stata presa all'unanimità in sede di Consiglio Europeo (20 Gennaio) e otto giorni dopo è giunta l'approvazione delle Nazioni Unite.
Lunedì 20 gennaio il Consiglio Europeo si riunirà a Bruxelles per discutere di una eventuale missione militare nella Repubblica Centrafricana, paese intrappolato in un vortice di conflitti settari che ha portato le Nazioni Unite a lanciare l'allarme genocidio.
Tuttavia, i risultati del dialogo politico sono resi incerti da una serie di fattori chiave.
La Repubblica Centrafricana continua a precipitare nel caos, 1000 persone hanno perso la vita, circa un milione si trova senza casa, le forze francesi e quelle dell'Unione Africana cercano di riportare l'ordine nel Paese ma con scarsi risultati. Per questo motivo la Francia ha chiamato l'Europa a un diretto intervento militare ma, al momento, ad appoggiare l'operazione Sangaris sono interventuti solo pochi paesi (Belgio, Estonia e Polonia) fornendo supporto tattico, tuttavia non sufficiente.
Imperversa la crisi nella Repubblica Centrafricana. Il paese è nel caos e la popolazione civile è la principale vittima dei continui scontri tra le milizie paramilitari cristiane e quelle musulmane. La Francia è già intervenuta in supporto alla missione di peacekeeping condotta dall’Unione Africana ma, al momento, le circa 1600 unità transalpine facenti parte dell’operazione Sangaris sono lontane dal raggiungere il proprio obiettivo: disarmare le milizie, condurle al dialogo e ristabilire, di conseguente, l’ordine e la sicurezza.
Tutto passa attraverso i tubi del gasdotto South Stream. In italiano “flusso meridionale”.
Se qualcuno ha pensato che gli alti funzionari del Ministero dell’Interno, sacrificati alla stabilità politica, abbiano agito con leggerezza, si sbaglia, la prima preoccupazione del Governo era, ed è, non indebolire la presenza italiana ad Astana.
Come al solito si è voluta mascherare una coordinata operazione di intelligence con un banale errore del Viminale.