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04-10-2014

LIBIA, IL PAESE SENZA PACE

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LIBIA, IL PAESE SENZA PACE Photo by Sebastian Meyer

Le divisioni interne libiche si riflettono sempre di più sui maggiori centri di potere. Gli interessi politici e commerciali, come era prevedibile, seguono le rotte dettate dalla frammentazione etnica, religiosa e tribale della Libia, alimentando persistenti lotte per l’accaparramento di risorse e la spartizione del potere.  Oggi la Libia appare sostanzialmente divisa in due grandi blocchi, uno dei quali (il blocco definibile islamista) è composto dalle forze occupate nell’Opertion Dawn, il General National Congress (GNC) e altre milizie provenienti dalla città di Misurata, nel nord-ovest del Paese.

 Questo contesto politico e sociale ha inciso pesantemente sull’effettivo esito negativo dei colloqui ospitati dalle Nazioni Unite tra la Camera dei Rappresentanti e il GNC il 29 settembre scorso, dimostrando la quasi totale incapacità nel trovare attori super partes locali o internazionali dotati di sufficiente credibilità per mediare la crisi libica. 

Non si arrestano intanto le violenze nell’est del Paese. Il 2 ottobre tre attacchi bomba suicidi hanno colpito le forze leali al Generale al-Haftar nei pressi della base aerea di Benina, a Bengasi, uccidendo 40 soldati e ferendone oltre 60. L’attentato è stato rivendicato dall’organizzazione islamista nota come Benghazi Revolutionaries Shura Council. Le forze leali a Haftar erano impegnate dal 16 maggio scorso in operazioni militari di contrasto al gruppo Ansar al-Sharia, alla Brigata 17 febbraio e alla Brigata Rafallah al-Sehati. Ad agosto il Benghazi Revolutionary Shura Council, al quale appartengono i diversi gruppi islamisti operanti nell’area, hanno preso il controllo di alcuni basi militari a Bengasi, accumulando un ingente numero di armi pesanti e blindati. L’Operation Dignity, guidata da Haftar e per il momento inefficace, ha in effetti provocato un’escalation di violenze in tutta l’area di Bengasi, nella quale si verificano di frequente scontri a fuoco, esplosioni di IED’s, attacchi suicidi, decapitazioni e rapimenti. Il futuro libico è ancora appeso a un filo, la risoluzione di conflitti interni non avverrà nel medio periodo, di fatto l’attuale impossibilità di mettere in piedi un programma di negoziazioni aperto a tutti gli attori presenti sul campo mina le basi per il ritorno a un clima sicuro. 

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Claudio D'Angelo

Laureato con lode in Scienze per l’Investigazione e la Sicurezza presso l’Università degli Studi di Perugia.
Laureando in Ricerca Sociale per la Sicurezza Interna ed Esterna (Safety and Security Manager).
Analista di intelligence perfezionato nell'analisi del rischio, nell'individuazione delle possibili minacce terroristiche e nella vulnerabilità dei siti industriali, delle infrastrutture critiche e degli obiettivi strategici.
Esperto nella gestione degli scenari di emergenza e nella tutela e la messa in sicurezza di personale operante in aree di crisi, con specifico expertise dell’area mediorientale.
Redattore per il magazine – online Convincere, svolge ricerche nel campo della diffusione dei movimenti Jihadisti in Medio Oriente e Africa, nell’applicazione della teoria dei sistemi complessi alla società e della Network Analysis nel processo di analisi d’intelligence.

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