La scorsa settimana il Kazakistan ha compiuto un passo molto importante verso la riforma politica dopo aver approvato gli emendamenti costituzionali presentati a maggioranza assoluta in un referendum.
Questa può essere vista come una risposta molto progressista alla diffusa agitazione dello scorso gennaio che ha attanagliato il paese ricco di petrolio e si è trasformata in manifestazioni antigovernative nella più grande città del paese, Almaty, e ha portato il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev a licenziare il suo governo e in risposta ha dichiarato lo stato di emergenza.
Questo è un approccio progressivo per contrastare la crisi interna nell'atmosfera attuale poiché molti altri paesi utilizzano la crisi ucraina per innescare uno stato di emergenza e bloccare governance e controllo.
Quando si parla di disastri nucleari viene subito in mente quello del 1986 alla centrale di Chernobyl... questo perché se ne è parlato moltissimo. Ma quanti sono gli episodi analoghi avvenuti senza che vi sia stata notizia? Stando ad un dossier pubblicato sulla rivista New Scientist, elaborato dall'Istituto di biofisica moscovita, nel 1956 ben 600 persone furono ricoverate in ospedale a seguito degli effetti dovuti all'elevato numero di test nucleari condotti nel poligono di Semipalatinsk in Kazakhstan.
Grazie all’art. 41 (comma 1-3) della costituzione kazaka introdotto con un emendamento nel febbraio 2011, Nursultan Nazarbayev, ha indetto elezione presidenziali anticipate che si terranno il giorno 26 aprile.
Ufficialmente si è voluta motivare la prossima competizione elettorale con la necessità di superare l’attuale crisi economica ed il pericoloso nazionalismo russo, nella realtà il vero motivo è quello di riprogrammare una decisa continuità politica per l’anziano leader kazako, nella logica di avere un uomo forte al comando per far fronte alle nuove minacce incombenti in questo 2015, senza aspettare la naturale scadenza della legislatura nel 2016.
Tutto passa attraverso i tubi del gasdotto South Stream. In italiano “flusso meridionale”.
Se qualcuno ha pensato che gli alti funzionari del Ministero dell’Interno, sacrificati alla stabilità politica, abbiano agito con leggerezza, si sbaglia, la prima preoccupazione del Governo era, ed è, non indebolire la presenza italiana ad Astana.
Come al solito si è voluta mascherare una coordinata operazione di intelligence con un banale errore del Viminale.