Il Ghana, tradizionalmente considerato un modello di stabilità democratica in Africa occidentale, si trova ad affrontare sfide geopolitiche significative, soprattutto in vista delle elezioni presidenziali del 7 dicembre 2024. Due fattori principali contribuiscono a questa complessa situazione: l’instabilità nel nord del paese e le dinamiche politiche interne. Instabilità nel Nord del Ghana Le regioni settentrionali del Ghana sono teatro di tensioni derivanti da conflitti etnici e dalla crescente minaccia jihadista. La storica rivalità tra le etnie kusasi e mamprusi, risalente all’epoca coloniale, riguarda la legittimità della posizione di capo supremo tradizionale nell’area di Bawku. Questa disputa ha conosciuto una recrudescenza nel 2021, culminando con l’incoronazione controversa di Seidu Abagre come Bawku Naba nel febbraio 2023. Tali tensioni hanno portato a violenze significative, con l’imposizione di un coprifuoco di dodici ore a partire dal 7 ottobre 2024, dopo l’ennesimo episodio sanguinoso che ha causato 25 vittime nelle settimane precedenti. Parallelamente, la penetrazione di gruppi jihadisti dal vicino Burkina Faso rappresenta una minaccia crescente. Il Ghana condivide circa 600 km di confine con il Burkina Faso, caratterizzati da numerosi punti di ingresso non ufficiali, facilitando il transito di armi e l’infiltrazione di elementi jihadisti. Secondo alcune fonti, le autorità ghanesi avrebbero chiuso un occhio su insorti che attraversano il confine per rifornirsi di cibo, carburante e persino esplosivi, oltre a curare i combattenti feriti in ospedali locali. Tuttavia, il governo del Ghana ha smentito categoricamente tali affermazioni. Dinamiche Politiche Interne Sul fronte politico, le elezioni del 7 dicembre 2024 vedono una competizione serrata tra i principali candidati, entrambi originari delle regioni settentrionali: il vicepresidente in carica, Mahamudu Bawumia, del New Patriotic Party (NPP), e l’ex presidente John Dramani Mahama, del National Democratic Congress (NDC).
La situazione odierna in Sudan è a dir poco catastrofica, Il Sudan paese dell’Africa nord-orientale il terzo paese più grande dell’Africa è stato devastato dagli scontri scoppiati il 15 aprile 2023 tra due generali che guidano fazioni militari rivali. Più di sei milioni di persone sono fuggite, ma molte sono bloccate in zone di guerra e lottano per sopravvivere. L’agenzia alimentare delle Nazioni Unite afferma di aver ricevuto segnalazioni di persone che muoiono di fame in Sudan e che il numero di persone che soffrono la fame è raddoppiato nell’ultimo anno a causa della guerra in corso che taglia i civili fuori dagli aiuti milioni di persone sono colpite dal conflitto. Il WFP ha affermato in una nota che dispone di cibo in Sudan, ma la mancanza di accesso umanitario e altri ostacoli stanno rallentando le operazioni. “Gli aiuti salvavita non raggiungono coloro che ne hanno più bisogno e stiamo già ricevendo segnalazioni di persone che muoiono letteralmente di fame”, ha aggiunto. Dall’inizio della guerra in Sudan, quasi 18 milioni di persone in tutto il Paese stanno affrontando una fame acuta. Khartoum, la capitale, è stata devastata dalla guerra scoppiata il 15 aprile. Le battaglie si sono diffuse in tutta la città, con i combattenti che sparavano dai tetti e incendiavano gli edifici mentre gli aerei da guerra passavano sopra di loro. L’elettricità è discontinua e ci sono segnalazioni di stupri, saccheggi e rapine. L’altro centro del conflitto è a ovest, nel Darfur, una regione già devastata da due decenni di violenza, talvolta genocida.
Ladies and Gentlemen a questo punto il vero problema non è più la Cina ma l’Africa. L’Africa infatti è una vera bomba biologica ad orologeria. L’attenzione oggi è rivolta tutta verso i cinesi ed in generale agli asiatici, ma si sta commettendo un grave errore. La Cina è ormai monitorata e contingentata, il governo ha messo in quarantena 60 MILIONI di persone (come dire l’intera popolazione Italiana), ma la comunicazione tardiva da parte delle autorità Cinesi in merito al virus, ha di fatto permesso a questo di potersi diffondere a livello globale, generando un principio di pandemia. Il peggio deve ancora arrivare e non arriverà dalla Cina ma dall’Africa.
L’ultimo rapporto sul settore bancario pubblicato dalla Banca Centrale, relativo all’anno 2018, rivela una attività bancaria ottimale nell’unione monetaria. Un settore quindi in piena espansione nell’insieme anche se sono da apportare notevoli miglioramenti ai servizi specialmente referenti al finanziamento ad imprese e consumi.
Sono trascorsi 25 anni dal genocidio in Ruanda: 100 giorni di follia - tra il 7 aprile e il 4 luglio 1994 - durante i quali 800 mila ruandesi (ma le stime sulle vittime variano tra 500 mila e 1 milione), furono massacrati a colpi di machete, bastoni chiodati, asce, coltelli e armi da fuoco. Uno degli eventi più sanguinosi della fine del secolo scorso, uno sterminio scatenato dall'odio interetnico tra Hutu e Tutsi, che la comunità internazionale non è stata in grado di fermare in tempo.
La sera del 6 aprile 1994, alle 20.30, gli abitanti di Kigali erano incollati al televisore per una partita di calcio, quando furono scossi da un boato tremendo. L'aereo con a bordo il presidente ruandese Juvela Habyarimana e l'omologo burundese Cyprien Ntariamira, era esploso in volo, dopo essere stato colpito da un missile terra-aria, a pochi minuti dall'atterraggio nella capitale del Ruanda. I due leader, entrambi Hutu, ritornavano dalla vicina Tanzania dove avevano appena firmato un trattato di pace con i ribelli Tutsi del Fronte Patriottico Ruandese (Fpr). L'attentato fu il segnale: da lì a poche ore nel piccolo Paese delle Mille colline si scatenò un inferno, costato la vita a centinaia di migliaia di Tutsi e Hutu moderati. Secondo le stime governative le vittime furono 1.074.017: 10.000 morti al giorno, 400 ogni ora, 7 al minuto.
Non solo problemi e povertà. In Africa ci possono anche essere sviluppo e stabilità democratica. Per esempio in Ghana, paese fuori dalla Françafrique.
Sono trascorsi 25 anni. "Il testimone è nelle mani dei colleghi di Alpi e Hrovatin, dei giornalisti italiani, di quanti avvertono come un dovere onorare quell'impegno di coerente professionalità che, a Mogadiscio, gli assassini hanno voluto colpire. La libertà di stampa è il termometro della salute democratica di un Paese. Va coltivata e irrobustita ogni giorno e centrale è la responsabilità delle istituzioni democratiche affinché siano sempre promossi i principi della nostra Costituzione e delle dichiarazioni internazionali in argomento". Lo dichiara il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 25esimo anniversario dell'uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Gli islamisti stanno ormai occupando la Nigeria ne vogliono fare il trampolino di lancio per raggiungere i paesi più piccoli fini a creare una enclave africana dell’ Islam integralista questo giustifica i continui attentati verso i cristiani.
E ‘ il primo passo verso la creazione di un serbatoio di attivisti radicalizzati in grado di raggiungere con continuità l’Europa.
L’Italia lo scorso dicembre ha deciso di inviare 500 soldati nel Sahel, allo scopo di contenere Boko Haram, Al-Qaeda, Mujao, oltre che aiutare la Francia a proteggere le miniere di uranio.
L’unione Europea ha deciso di investire circa 60 milioni di euro in una forza antiterrorismo composta da oltre 11000 uomini nel Sahel africano. La radicalizzazione e la tratta di esseri umani sono le principali minacce della regione.
Il 22 giugno centinaia di persone hanno protestato pacificamente nella capitale commerciale Coto-nou contro le politiche liberali del presidente Patrice Talon. Nel frattempo non cessano le tensioni tra i maggiori partiti di opposizione. Il partito Benin Rebirth il 25 giugno ha escluso il suo ex-leader, il sindaco di Cotonou Lehady Soglo, rafforzando l’ala riformista del partito. Anche il leader del Social Democratic Party, Emmanuel Golou, ha perso la sua carica il 26 giugno.
Le dimostrazioni antigovernative con molta probabilità diventeranno più frequenti nei prossimi mesi. Dalla sua elezione, avvenuta con una facile vittoria ottenuta con il 65% dei voti nel marzo del 2016, Talon non ha subìto forti opposizioni. Comunque, il fallimento in aprile del suo piano di riforma della costituzione ha rappresentato un grande colpo per il governo di Talon, dando la possibilità ai dissidenti di avere voce e rafforzando le opposizioni. Con molta probabilità le proteste resteranno pacifiche, ma potrebbero causare alcuni problemi nella mobilità nei centri urbani del paese.
Uno dei fattori che alimenta i dissidenti è la mancanza di trasparenza sulla sovrapposizione tra gli interessi politici e quelli commerciali di Talon. Talon ha centralizzato il processo decisionale nel suo gabinetto, questo ha fatto nascere malcontento soprattutto perché le opposizioni credono che Talon si serva del suo ruolo politico per difendere i suoi interessi commerciali. I processi di privatizzazione e il ripristino di alcuni affari di Talon nel settore dell’import-export del cotone hanno provocato diverse proteste da parte dell’opposizione.