L’omicidio di Boris Nemtsov, avvenuto venerdì 27 febbraio a Mosca, ha riportato in primo piano una questione spinosa: il coinvolgimento militare russo nella crisi ucraina. Accuse e smentite circa la presenza di operativi mandati dal Cremlino sul suolo ucraino si sono susseguite in un flusso quasi ininterrotto sin dall’inizio della crisi.
Appuntamento fissato a Minsk nella giornata di mercoledì 11 febbraio. Obiettivo? Cercare di riportare le parti al tavolo delle trattative, dopo che gli accordi firmati nel settembre scorso non hanno avuto gli effetti sperati: la crisi in Ucraina, che dall’aprile 2014 ha causato oltre cinquemila vittime, invece di spegnersi gradualmente si è pericolosamente riaccesa e continua a crescere d’intensità.
Il rischio di oltrepassare una soglia oltre la quale non sarà più possibile tornare indietro ha spinto i leader di Francia e Germania a chiedere un nuovo incontro con Mosca e Kiev. Tuttavia, come sostenuto dal Segretario agli Affari Esteri britannico Philip Hammond, non si può nemmeno parlare di un Minsk Plus dal momento che non esiste un testo pronto a essere firmato . Nella capitale bielorussa sarà proposto un pacchetto di misure per arginare la crisi e si cercherà di trovare un’intesa fondamentale che possa poi portare alla firma di un nuovo e definitivo accordo.
Dai varchi di frontiera ancora controllati dai filorussi sono passati nei giorni scorsi blindati carri armati e uomini (non ne riferiamo con esattezza il numero perché sarebbe certamente inesatto) si stimano però - da fonti confidenziali - approssimativamente 150 blindati per trasporto truppa, una trentina di carri armati e 1200 uomini.
Mosca coprirà circa l'80%[1] dei costi necessari per portare a termine la costruzione di due nuovi reattori (su un totale di quattro già esistenti) nella centrale nucleare ungherese di Paks (città nei pressi di Budapest). Questo è l'accordo che il presidente russo Vladimir Putin e il primo ministro ungherese Victor Orban hanno siglato la scorsa settimana, concludendo una trattativa avviata nel 2009. I termini di suddetto accordo prevedono un finanziamento di 13,7 miliardi di dollari[2] (circa 10 miliardi di euro) grazie ai quali la centrale, gestita dalla MVM Group (società statale) e produttrice del 40% del fabbisogno energetico nazionale, incrementerà sensibilmente la propria capacità produttiva.