Si tratta di una mossa politica, oltre che economica. Certo, la Federazione si è garantita un sostanzioso ritorno economico degli investimenti, ma non meno importante è il loro "ritorno politico": firmando questo accordo, infatti, la Russia ha voluto dimostrare di essere ancora capace di esercitare una certa influenza sui vecchi membri del Patto di Varsavia che ora sono o membri dell'Unione Europea (come l'Ungheria) o orbitano politicamente ed economicamente attorno ad essa. Un'influenza indiretta, sottile e a tratti quasi invisibile, ma di indubbia efficacia.
Se si considerano alcune delle ultime scelte e battaglie politiche portate avanti dal Cremlino (dal braccio di ferro con l'UE per aggiudicarsi la "fedeltà politica" ucraina, al dispiegamento dei missili Iskander nell'enclave di Kaliningrad, al rinnovamento della centrale di Paks), è chiaro che l'obiettivo di Mosca è quello di riconquistare quell'influenza che era solita esercitare sull'Europa orientale, quasi a voler ricordare che Bruxelles non è l'unico centro di potere sul Vecchio Continente.