26 gennaio 2015. Sono passati nove mesi e undici giorni da quando, il 15 aprile 2014, il presidente ucraino ad interim Oleksandr Turčynov annunciò l’inizio di una operazione di antiterrorismo volta “a proteggere i cittadini ucraini, a fermare il terrore, a fermare il crimine e a fermare i tentativi di fare a pezzi il nostro paese [l’Ucraina N.d.R.]”. Chiunque si aspettasse una campagna veloce e indolore si sbagliava.
Aprile-giugno 2014. Le forze ucraine concentrano inizialmente la loro attenzione su Donetsk. Poi, il 22 aprile, un’operazione militare viene lanciata nell’Ucraina orientale per riprendere controllo delle altre aree occupate dai separatisti. I combattimenti più violenti si registrano nei pressi delle città di Sloviansk, Lugansk, e Donetsk.
Luglio 2014. L’esercito mandato da Kiev riesce a riprendere controllo di Sloviansk mentre i separatisti abbandonano la città e le posizioni circostanti (5 luglio). Fino alla fine del mese, l’esercito e i paramilitari filorussi continuano ad affrontarsi principalmente presso Donetsk e Lugansk. Secondo il Consiglio Nazionale di Sicurezza e Difesa ucraino (CNSD), questi ultimi si trovano in difficoltà e sembrano perdere lentamente terreno sia attorno a Donetsk sia nella parte meridionale dell’Oblast di Lugansk.
Agosto 2014. L’esercito ucraino riesce progressivamente ad avanzare, vicino a Donetsk, su buona parte del territorio occupato dai separatisti. Allo stesso tempo però, proprio le forze filorusse riescono a prendere controllo di una sezione del confine con la Russia nei pressi di Lugansk e a porre una testa di ponte nell’Ucraina meridionale nei pressi della citta di Novoazovsk.
Settembre-dicembre 2014. Entro la fine di settembre, i separatisti riescono a congiungere le posizioni settentrionali con quelle meridionali creando un corridoio fino al Mare di Azov. Sottraggono al controllo di Kiev tutta la linea di confine che da Parkhomenko giunge fino a Novoazovsk, e buona parte delle aree liberate dall’esercito ucraino tra luglio e agosto. In ottobre, le forze separatiste si avvicinano a Mariupol e rafforzano le proprie posizioni nei pressi di Lugansk e Donetsk. Ai primi di dicembre, si registrano scontri lungo tutta la linea di fronte, nonostante l’esistenza di un cessate-il-fuoco firmato il 5 di settembre.
Gennaio 2015. Il 24 gennaio, le forze separatiste avviano un’offensiva su Mariupol. Secondo il Ministero della Difesa ucraino, la città viene colpita da missili Grad in tre diversi raid. Il bilancio è di trenta vittime.
Gli eventi degli ultimi giorni confermano che la crisi è ben lontana dall’esser risolta. Il leader dei ribelli, Alexander Zakharchenko, ha chiaramente dichiarato che le sue forze sono pronte a riprendersi Mariupol, punto strategico per entrambe le parti grazie al porto e alla posizione geografica che la rende un crocevia fondamentale verso l’ucraina occidentale e la Repubblica Autonoma di Crimea.