Nell'ottobre 1995, il primo ministro Yitzhak Rabin tenne il suo discorso finale alla Knesset qualche settimana prima di essere assassinato. Nel discorso ha delineato quali dovrebbero essere gli elementi necessari per raggiungere un accordo di pace definitivo con i palestinesi. In retrospettiva risulta evidente che egli non ha fatto alcun riferimento alla soluzione dei due Stati. Il suo sostegno allo Stato palestinese di per sé è stato, nella migliore delle ipotesi, tiepido. In effetti, parlava solo di un’entità che era, secondo le sue parole, “meno di uno Stato”. Dall’altra parte non c’è mai stata una leadership palestinese pronta a riconoscere la legittimità di uno stato-nazione ebraico. La parte araba ha rifiutato tutti i piani di spartizione, a partire dalla Commissione Peel del 1937, dalla risoluzione delle Nazioni Unite del 1947, fino ai vari piani di mediazione americani e alle offerte israeliane. L'offerta di Camp David del 2000, in cui il primo ministro Ehud Barak accettò la spartizione di Gerusalemme, e le ulteriori concessioni offerte successivamente dal primo ministro Ehud Olmert. Tutti si sono schiantati sulla rivendicazione non negoziabile del diritto al ritorno dei discendenti palestinesi. L’alternativa più valida potrebbe essere quella dei tre Stati, secondo cui Gaza ritorna sotto il controllo egiziano e la Cisgiordania diventa nuovamente parte della Giordania, che si è già rivelata vantaggiosa, perché ha contribuito a stabilizzare la regione, in modo efficace dal 1949 fino alla guerra dei sei giorni del 1967 . Tre stati porrebbero fine all’occupazione israeliana della Cisgiordania e di Gaza, la sfida più urgente attualmente, e darebbero slancio a negoziati positivi sulle altre questioni fondamentali relative allo status di Gerusalemme e al diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi. L’opzione dei tre Stati presenta un vantaggio singolare rispetto alle alternative a due e a uno Stato: è stata tentata in precedenza e ha funzionato. Una soluzione contemporanea a tre Stati significherebbe abbandonare l’infruttuosa ricerca di uno Stato palestinese separato e allo stesso tempo negoziare la fine dell’occupazione israeliana di Gaza e della Cisgiordania e ripristinare lo status quo pre-giugno 1967. I pro e i contro di questa opzione hanno finora ricevuto pochissima copertura. All’indomani degli attacchi del 7 ottobre, tuttavia, c’è un urgente bisogno di una riflessione nuova e radicale su cosa si potrebbe fare per andare oltre l’apparentemente insolubile disputa israelo-palestinese. La soluzione dei tre Stati potrebbe essere un mezzo per raggiungere questo obiettivo e dovrebbe essere giudicata sulla base dei suoi meriti piuttosto che dei suoi sostenitori.