In the Middle East, people are used to seeing the US president in his last months in office attempt to relaunch the Israeli-Palestinian peace process. This seems to be the case with President Barack Obama who, according to Wall Street Journal, will try to follow the path of his predecessors by trying to revive the peace talk during the final months of his presidency.
The Russian military move in Syria came after a series of meetings and understandings Moscow reached with several parties, including Washington. The lack of decisiveness in the US policy, which prevailed in the foregoing phase, especially since the emergence of Daesh, created a space that needed to be filled; it imposed a policy that would counter the absence of a real vision to confront terrorism and its multiple effects.
Obama cambia rotta e nei prossimi mesi intensificherà in Siria, Yemen ed Iraq l’utilizzo di droni.
La necessità di trasformare i droni da occhi invisibili a veicoli di attacco diretto si esplicita con la difficoltà di esercitare una seria azione di contrasto e di intelligence al terrorismo islamico limitando al minimo l’invio di uomini sul terreno.
Fino ad ora gli Stati Uniti hanno utilizzato il veicolo “Predator RQ1” equipaggiato con telecamere ad alta definizione e particolari sensori per la raccolta di dati ed immagini armando il mezzo solo in casi estremi con missili via terra AGM (Air To Ground) antiradar.
The Russians have lately had a dynamic and innovative diplomacy, leaning towards finding a political solution to the Syrian crisis. With the regional priorities shifting from political resolution to combating terrorism, the Russians are alone in this pursuit.
Several months ago, the US Secretary of State, John Kerry’s stated aim was achieving a peace deal between Israelis and Palestinians, at the time, seemingly disregarding the need to deal with the situation in Syria. Interestingly, Kerry’s recent visit to Jordan highlights the extent to which priorities have shifted from achieving a framework for peace to desperately working to prevent a security collapse in Jerusalem and the West Bank.
Il primo ministro Israeliano Benjamin Netanyahu nel corso del suo ultimo discorso all’ONU, ha descritto lo Stato Islamico, l’Iran e il gruppo militare di Hamas che controlla la striscia di Gaza come un unico team aggiungendo che i nazisti credevano in una razza padrona alla quale tutte le altre razze avrebbero dovuto sottomettersi allo stesso modo gli islamisti credono che la loro fede si debba imporre su tutte le altre fedi.
“Non si può ragionare, né negoziare, con un male di questo tipo. La forza è l’unica lingua compresa da assassini del genere”[1]. Con queste parole, in merito alla minaccia rappresentata dallo Stato Islamico, il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama si è rivolto alla 69° Assemblea Generale delle Nazioni Unite aggiungendo, inoltre, che “gli Stati Uniti d’America opereranno con una larga coalizione al fine di smantellare questa rete di morte”[2].
Il presidente americano Barack Obama ha autorizzato attacchi aerei in Iraq contro le forze sunnite jihadiste dello Stato Islamico (IS). Tali attacchi possono sì fare una certa differenza ma resta da capire in quali termini.
Stando a quanto riportato dall’agenzia d’informazione Reuters, tra Sabato 19 e Domenica 20 Aprile almeno 35 militanti di Al-Qaeda avrebbero perso la vita in Yemen nel corso di due attacchi condotti da APR (Aeromobile a Pilotaggio Remoto) statunitensi[1]. Continua così la guerra dei droni che la Casa Bianca sta portando avanti proprio in Yemen, Pakistan e Somalia nell’ambito della lotta al terrorismo internazionale. Dagli Stati Uniti non giungono ancora conferme, ma difficilmente potrebbe essere attribuita ai droni una diversa provenienza: è molto probabile, infatti, che l’attacco costituisca la risposta americana al tentato raggruppamento di un centinaio di militanti dell’AQAP (Al-Qaeda in the Arabic Peninsula) testimoniato da un video diffuso dalla CNN[2].
Il caso Datagate impatta sulla politica europea e sulle relazioni tra i Paesi europei e gli Stati Uniti. Le notizie dell’intercettazione del telefono cellulare del cancelliere Angela Merkel da parte della National Security Agency americana getta nuova luce sulle attività dell’agenzia d’intelligence statunitense e rischia di aprire nuovi scenari diplomatici, dato che oltre al premier tedesco, le comunicazioni di altri 35 leader mondiali sarebbero state controllate.