Dal 1° settembre, la situazione in Ucraina orientale ha conosciuto una relativa stabilità. Come già rilevato in precedenti analisi, difficilmente ci si sarebbe potuti aspettare una completa cessazione delle violazioni del cessate il fuoco. In ogni caso, stando ai rapporti della SMM (Special Monitoring Mission to Ukraine) dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), ci sono stati giorni in cui gli ispettori non hanno registrato nemmeno un episodio.
Una nuova ondata di velato e cauto ottimismo sta accompagnando il trascorrere di questo settembre 2015. Negli ultimi giorni di agosto, le forze ucraine e quelle separatiste, trovando una tacita intesa, hanno dato vita a una nuova tregua a partire dal 1° settembre. I media, nella maggior parte dei casi, rilevano come il rinnovato cessate-il-fuoco stia reggendo. I rapporti pubblicati dalla SMM (Special Monitoring Mission), però, mostrano come la cessazione delle ostilità non sia totale: le violazioni del cessate-il-fuoco sono sì drasticamente diminuite rispetto alle settimane precedenti, ma un numero non indifferente di episodi è stato registrato dagli ispettori dell’OSCE (specialmente nell’area di Donetsk il 5 e 7 settembre). Quindi, per quanto un miglioramento della situazione nel Donbass sia evidente, la strada da percorrere è ancora lunga e incerta.
Un certo spazio di manovra, comunque, c’è: come sostenuto dal Segretario Generale dell’OSCE Lamberto Zannier, "[il fatto che] la tregua abbia retto negli ultimi 10 giorni è una buona notizia, perché lascia spazio a progressi a livello politico" (fonte: AP).
Oltre sei mesi dopo la firma posta sugli accordi di Minsk, la situazione in Ucraina orientale non offre garanzie. Eppure, durante il mese di luglio, è stato registrato un numero di violazioni del cessate il fuoco inferiore rispetto ai mesi precedenti. Una lettura in chiave scettica è, tuttavia, obbligatoria dato il re-intensificarsi degli scontri nelle ultime 24/48 ore. La città di Donetsk e il villaggio di Shyrokyne continuano ad essere epicentro dei “combattimenti” tra le forze ucraine e quelle indipendentiste, e lungo tutta la linea di contatto la tensione resta alta. Inoltre, la popolazione civile continua a far fronte a serie problematiche, quali la mancanza di acqua, energia elettrica, assistenza medica etc.[1]
L’obiettivo di questo breve rapporto è duplice: fornire un resoconto di quanto accaduto in Ucraina durante i mesi di maggio e giugno, e rilevare le conseguenze del conflitto sulle vite della popolazione civile.
Scontri tra le forze governative e quelle della RPD-RPL[1] a parte, le difficoltà che chi abita nella regione del Donbass si trova ad affrontare possono essere così classificate:
1- Carenza o mancanza di acqua, elettricità, gas e carburante;
2- Presenza di mine e/o munizioni inesplose (dette anche UXOs – Unexploded ordnance);
3- Generici problemi di natura economica;
4- Problemi di natura medico-assistenziale;
5- Problemi legati alla libertà di movimento.
Il rapporto illustra una serie di casi e vicende emerse nel corso degli ultimi due mesi. Si consideri, dunque, che quanto raccontato potrebbe non trovare più riscontro nella situazione attuale.
Siamo giunti a un momento critico circa gli interessi europei e degli Stati Uniti in Ucraina.
L’annessione della Crimea alla Russia e l’occupazione del Donbass, hanno irrimediabilmente alterato i delicati equilibri di potere in Ucraina sia a livello regionale che nazionale sia il relativo equilibrio tra i più potenti oligarchi del paese.
Gli Ucraini sembrano avere poca fiducia nei confronti dell’attuale costellazione dei leader politici e delle loro promesse.
Per più di 25 anni gli Stati Uniti hanno appoggiato l’Ucraina sulla base di valori e interessi comuni.
Con una sola mossa, il parlamento ucraino (Verchovna Rada, o Consiglio Supremo) ha “cestinato” cinque accordi firmati con la Russia 20 anni fa (Sochi, 25 novembre 1995). Questi accordi, elementi chiave della cooperazione politico-militare tra Mosca e Kiev, prevedevano e regolavano:
“Si torna a combattere in Ucraina”, titolano molti quotidiani, “anche con l’impiego di armi pesanti proibite dagli accordi di Minsk II”. Affermazioni vere solo in parte perché, in realtà, non si è mai smesso del tutto di combattere e le armi pesanti non hanno mai smesso di far sentire la propria voce.
Certo è che cresce la preoccupazione per l’allargarsi degli scontri in zone in precedenza rimaste relativamente tranquille. Triage ha più volte evidenziato come gli scontri si concentrassero principalmente attorno a Donetsk e al suo aeroporto (a nord-est della città) e attorno a Shyrokyne. Nelle ultime ore, invece, il confronto tra le forze regolari ucraine e quelle della Repubblica Popolare di Donetsk (DPR) ha pesantemente coinvolto Marinka, città controllata dall’esercito ucraino e distante poco più di 20 km da Donetsk (in direzione ovest/sud-ovest). Oltre ai combattimenti, ai quali si sta cercando di porre un freno con la proclamazione di un cessate-il-fuoco locale, la SMM (Special Monitoring Mission to Ukraine) riporta un consistente ammassamento di forze (compresi carrarmati T-72 e T-64, pezzi d’artiglieria da 100 e 122 mm, e sistemi lanciarazzi Grad).
L’esercito russo sta ammassando uomini e mezzi al confine con l’Ucraina, nei pressi della città di Matveev Kurgan e nell’area di tiro di Kuzminsky (rispettivamente a 25 e 50 chilometri dalla frontiera). L’agenzia di stampa Reuters ha diffuso la notizia divulgando materiale fotografico nel quale si possono distintamente osservare alcune lunghe colonne di veicoli militari in movimento o carri armati trasportati via treno.
La notizia ha fatto presto il giro del mondo. Sabato scorso, due uomini sono stati fermati dalle forze ucraine nei pressi di Shchastya, a circa 30km dal confine con la Russia. Gli ispettori dell’OSCE hanno avuto modo di parlare in privato con i due uomini, ricoverati presso un ospedale militare in Kiev dove erano stati portati perché feriti. Sul rapporto della SMM si può leggere: “entrambi gli uomini hanno dichiarato di essere membri di un’unità delle Forze Armate della Federazione Russa”[1].
Stando a quanto raccontato dai due militari, la loro era una “missione di ricognizione”; entrambi erano armati ma non era stato dato loro ordine di sparare. Entrambi hanno confermato di esser già stati in missione in Ucraina. Uno dei due, però, ha insistito nell’affermare che non ci sono truppe russe coinvolte nei combattimenti.
Sono trascorse undici settimane dall’inizio della tregua in Ucraina orientale. Lo scopo degli aggiornamenti pubblicati da Triage è di fornire un resoconto sul rispetto dei primi tre punti fondamentali previsti degli accordi di Minsk II:
1. Cessate-il-fuoco immediato e totale (entrato in vigore dalla mezzanotte locale del 15 febbraio).
2. Ritiro delle rispettive armi pesanti dalla linea di fronte in modo da creare una zona cuscinetto: 50km per l’artiglieria calibro 100mm o superiore; 70km per i sistemi lanciarazzi multipli (MRLs); e 140km per gli MRLs Tornado-S, Uragan e Smerch e per i missili balistici tattici Tochka U.
3. Monitoraggio e verifica dei punti 1 e 2 via missione OSCE.