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Fervono i preparativi per l’inaugurazione di Expo 2020 a Dubai, la prima volta dell’Esposizione Universale in un paese arabo. Per l’occasione gli Emirati Arabi Uniti rafforzano la propria presenza anche sul piano culturale, incrementando le attività e proponendosi sulla scena internazionale come il centro culturale per eccellenza nel Golfo. Prova ne è la costruzione del Louvre Abu Dhabi, inaugurato nel 2017 e frutto di un accordo siglato nel 2007 tra il governo emiratino e quello francese.

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Le questioni di genere, ormai sistematicamente presenti nelle agende politiche di tutti i paesi occidentali, non risparmiano neanche il Medio Oriente, e investono soprattutto le realtà più riformiste come quella degli Emirati Arabi Uniti che negli ultimi anni si sono dimostrati leader nella regione nell’abbattimento delle differenze di genere.

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Lo sceicco Abdullah bin Zayed Al Nahyan, ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ha guidato la delegazione degli Emirati Arabi Uniti alla riunione ministeriale sulla Libia, che era stata richiesta da Francia e Italia a margine della 74 a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che ha aperto i battenti il 24 settembre e si concluderà il 30.

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Negli Emirati Arabi Uniti si avvicinano le elezioni che si terranno nel prossimo ottobre, per il rinnovo del Parlamento.

Negli Emirati Arabi Uniti si avvicinano le elezioni che si terranno nel prossimo ottobre, per il rinnovo del Parlamento, e lo Sceicco Khalifa bin Zayed Al Nahyan, in vista dell’impegno elettorale, ha emanato una nuova legge per cercare di incrementare la rappresentanza delle donne nel Federal National Council fino al 50%.

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Si sta tenendo in questi giorni, a New York la 74a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a cui partecipano i più importanti leader mondiali. Tra loro anche la delegazione emiratina guidata dallo sceicco Abdullah bin Zayed Al Nahyan ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

A margine dell’Assemblea generale S.A. Sceicco Abdullah bin Zayed Al Nahyan, ha tenuto una serie di incontri chiave con i ministri degli esteri partecipanti per riesaminare le modalità di promozione delle relazioni degli Emirati Arabi Uniti con i rispettivi paesi, nell’ottica di politiche comuni per la risoluzione di problemi comuni.

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Nel difficile contesto libico, martoriato da anni di conflitto, divisioni interne, ingerenze straniere aggressive, il ruolo di alcuni attori esterni si contraddistingue per pragmatismo e visione a lungo termine.

È il caso degli Emirati Arabi Uniti, un paese che ha mostrato grande interesse verso una risoluzione pacifica e politica della crisi libica. Abu Dhabi ha sempre operato dimostrando la volontà di interloquire con tutti gli attori interessati nell’ottica di un dialogo ampio tra le parti, affinché nessuno potesse rimanere escluso da un percorso che necessariamente deve dimostrarsi il più possibile inclusivo.

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Le monarchie del Golfo contestano l’annessione della Valle del Giordano promessa dal premier israeliano in piena campagna elettorale.

Le dichiarazioni di Benjamin Netanyahu, Primo Ministro israeliano, relative al piano di annessione della valle del Giordano, non sono passate inosservate neanche nei paesi arabi, non si è fatta infatti attendere la replica da parte dei leader degli Emirati Arabi Uniti.

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L’obiettivo degli Emirati è quello di sviluppare il settore spaziale nazionale che sta per essere realizzato con lo sviluppo di uno spacecraft, la costruzione di una struttura locale per la fabbricazione di satelliti e che prevede il training per gli astronauti, ed il lancio di un programma globale scientifico e di ricerca.

Gli Emirati Arabi Uniti partecipano attivamente alle missioni spaziali internazionali che sono in programma per il 2019. In realtà la  partecipazione emiratina è di vecchia data, come ha tenuto a precisare Sua Altezza lo Sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, Vice Presidente e Primo Ministro degli UAE e Governatore di Dubai, dichiarando: “Il viaggio che abbiamo intrapreso 12 anni fa sta cominciando a produrre i suoi primi risultati”.

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Il livello di franchezza nell'evidenziare gli errori professionali di diverse istituzioni è molto evidente nella lettera di Sua Maestà il Re Abdullah al nuovo direttore del General Intelligence Department (GID), il generale Ahmad Husni. Questo è un messaggio chiaro in una situazione eccezionale che richiede questo tipo di approccio non tradizionale.

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7 aprile 1994 - Il genocidio in Ruanda

Sunday, 07 April 2019 11:30

Sono trascorsi 25 anni dal genocidio in Ruanda: 100 giorni di follia - tra il 7 aprile e il 4 luglio 1994 - durante i quali 800 mila ruandesi (ma le stime sulle vittime variano tra 500 mila e 1 milione), furono massacrati a colpi di machete, bastoni chiodati, asce, coltelli e armi da fuoco. Uno degli eventi più sanguinosi della fine del secolo scorso, uno sterminio scatenato dall'odio interetnico tra Hutu e Tutsi, che la comunità internazionale non è stata in grado di fermare in tempo.

La sera del 6 aprile 1994, alle 20.30, gli abitanti di Kigali erano incollati al televisore per una partita di calcio, quando furono scossi da un boato tremendo. L'aereo con a bordo il presidente ruandese Juvela Habyarimana e l'omologo burundese Cyprien Ntariamira, era esploso in volo, dopo essere stato colpito da un missile terra-aria, a pochi minuti dall'atterraggio nella capitale del Ruanda. I due leader, entrambi Hutu, ritornavano dalla vicina Tanzania dove avevano appena firmato un trattato di pace con i ribelli Tutsi del Fronte Patriottico Ruandese (Fpr). L'attentato fu il segnale: da lì a poche ore nel piccolo Paese delle Mille colline si scatenò un inferno, costato la vita a centinaia di migliaia di Tutsi e Hutu moderati. Secondo le stime governative le vittime furono 1.074.017: 10.000 morti al giorno, 400 ogni ora, 7 al minuto. 

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