I negoziati tra i rappresentati del governo riconosciuto di Adb Rabbo Mansour Hadi e i rappresentati delle milizie Houthi hanno lo scopo di trovare un accordo tra le parti nel più breve tempo possibile. In particolare, il governo spinge per la piena attuazione della risoluzione 2216 e quindi il totale ritiro delle milizie Houthi da ogni città yemenita, soprattutto dalla capitale Sana'a; i ribelli sciiti chiedono invece di non essere estromessi dalla futura coalizione di governo. I colloqui si stanno però concentrando sulla cessazione immediata delle ostilità in corso e l'individuazione di misure destinate a fermare lo scontro politico e militare. Le parti in conflitto dovranno inoltre garantire il mantenimento e la sicurezza di corridoi umanitari per far fronte alla grave emergenza umanitaria e costituire un comitato di coordinamento nazionale e locale con il compito di monitorare l'evolversi della situazione interna. Le difficoltà emerse nei mesi scorsi di giungere ad un accordo tra le parti hanno costretto il governo del Kuwait, che ospita i negoziati, ad offrire un ultimatum alle parti per arrivare ad una conclusione entro 15 giorni.
É in corso una tregua tra il confine saudita e quello yemenita da marzo scorso. Il cessate il fuoco in questione rappresenta un elemento chiave per la riuscita dei colloqui in Kuwait che ha permesso di aprire un canale di comunicazione tra i rappresentanti Houthi e l'Arabia Saudita. Tuttavia si registrano continue e intermittenti violazioni da parte delle forze Houthi che colpiscono il territorio saudita, specialmente nelle province di Najran e Jazan con lancio di razzi. Le violenze sul confine saudita rappresentano uno degli elementi di maggiore criticità per l'evolversi dei negoziati: è opportuno ritenere infatti che fin quando le milizie Houthi continueranno a colpire il territorio saudita, seppur sporadicamente, il governo di Hadi si sentirà di poter adottare un atteggiamento aggressivo e poco collaborativo nel corso dei negoziati, forte del deciso sostegno da parte di Riyad. La coalizione araba guidata dai sauditi è infatti ancora fortemente impegnata in operazioni militari al fianco delle forze yemenite per la riconquista della città di Harad, nella regione di Hujja, nel nord del Paese. Se dal lato diplomatico si tenta di superare lo stallo dei negoziati, sul fronte militare non si segnalano progressi. Il conflitto per la spartizione del territorio è attivo ancora nelle aree di Marib, Hajjah, Taiz, Jawf, Lahj e Sana'a, ma per quanto riguarda il controllo del territorio oramai la situazione appare piuttosto statica: le milizie Houthi, insieme ai militari fedeli a Saleh, controllano il nord del Paese, compresa la capitale Sana'a, mentre l'esercito del governo Hadi occupa la parte meridionale del Paese, compresa l'importante città di Aden, porto strategico e attuale sede degli uffici governativi.
Al termine di luglio si saprà se anche l'attuale sessione di colloqui giungerà ad un esito positivo. È però difficile ipotizzare che in caso di accordo ai negoziati si registrino parallelamente importanti sviluppi sul piano della sicurezza interna. Il contesto yemenita è destinato a rimanere fragile nel lungo termine, a causa dell'elevato numero di formazioni presenti sul campo e soprattutto del forte rischio che le milizie sciite degli Houthi vengano estromesse dal futuro governo. Una soluzione duratura al conflitto in Yemen prevede necessariamente il coinvolgimento di tutti i contendenti in campo e un programma condiviso di transizione sul lungo termine in grado di assicurare stabilità delle istituzioni politiche, protezione della popolazione civile, e disarmo delle forze in conflitto.
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