Dariush Rahiminia, laureato in Scienze per l’investigazione e sicurezza, perfezionato in Psicologia Investigativa, specializzando in Cooperazione e Sviluppo Internazionale.
La sua attività di studio si incentra su sociologia interculturale e difesa dei diritti umani. Nato in Italia da genitori iraniani, possiede la doppia cittadinanza Italiana/Iraniana. Da sempre appassionato di Relazioni Internazionali, anche grazie alle origini persiane e ai numerosi viaggi intorno al mondo.
Attualmente Consulente Criminologico e C.T.P. per vari studi legali e per un centro di recupero per detenuti.
Dopo dieci anni, un aereo di Stato italiano è atterrato a Tehran con a bordo il ministro degli Esteri Emma Bonino che ha deciso di andare a parlare di persona con il nuovo corpo dirigente iraniano e dunque con il presidente Hassan Rohani e il ministro degli Esteri Mohammad Zarif. I diplomatici italiani che accompagnano la Bonino, hanno commentato il viaggio dicendo che “anni di sanzioni economiche dell'Onu, degli Stati Uniti e dell'Unione Europea hanno messo in crisi il sistema economico iraniano. Ma la vera botta gliel'ha data la politica economica di Ahmadinejad, che ha minato il paese quasi più delle sanzioni”.
Il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif ha annunciato la fine dei negoziati, durati quattro giorni a Ginevra, tra la Repubblica Islamica e le potenze del gruppo 5+1 (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania) sul nucleare iraniano con la frase «Abbiamo raggiunto un accordo». Barack Obama ha commentato a caldo che in un clima di tensione “Si tratta di un primo importante passo verso un accordo generale: oggi la diplomazia ha aperto una nuova strada per rendere più sicuro il mondo” e ha poi chiesto ufficialmente, in diretta tv, al Congresso degli Stati Uniti di non imporre nuove sanzioni contro Tehran perché “potrebbero far saltare questa intesa”. Il presidente iraniano Hassan Rohani ha affermato tramite Twitter che “il voto del popolo iraniano per la moderazione e l’impegno costruttivo e gli instancabili sforzi da parte dei team negoziali apriranno nuovi orizzonti”.
Mentre la comunità internazionale cerca di risolvere la questione della proliferazione nucleare, non si placano le tensioni tra Iran e Israele: il primo ministro Benyamin Netanyahu la scorsa domenica ha intensificato la sua campagna anti-iraniana chiamando i tentativi di accordo con la Repubblica Islamica “un oltremisura pessimo affare” e affermando che “sarebbe un grosso errore dotare il più pericoloso regime del 21esimo secolo della più pericolosa arma esistente, dato che l’accordo lascerebbe l’Iran con diciottomila centrifughe in gradi di arricchire l’uranio e di sicuro l’Iran non ne smantentellerà neppure una.” Ha poi concluso aggiungendo “noi, popolo ebraico, siamo qui da quattromila anni non permetteremo che gli ayatollah ci minaccino con armi nucleari”.
Ieri giornata storica per la diplomazia internazionale, il presidente Obama ha telefonato al suo omologo iraniano Rohani. È il primo contatto diretto tra un presidente USA e uno iraniano dal lontano 1979. A chiamare è stato Barack Obama, nel giorno in cui il nuovo leader di Teheran ha impresso un’ulteriore accelerazione al dialogo affermando che “Presenteremo un primo piano sul nucleare già a Ginevra il 15 e 16 ottobre. Un tavolo al quale parteciperemo insieme al 5+1 senza porre alcuna precondizione.