Tuttavia, l’ISIS resta una seria minaccia sia a livello regionale che internazionale. I miliziani hanno fornito prova di saper come consolidare il proprio controllo territoriale e, al momento, ciò che dovrebbe preoccupare maggiormente è che lo Stato Islamico possa portare sotto la propria bandiera il resto della Siria arrivando così a lambire direttamente il confine turco. In tal caso, ci si troverebbe alla presenza di un vasto non-stato, “militarizzato” e dotato di un accesso al mare. Gravi sarebbero i danni dal punto di vista commerciale e la vicinanza all’Europa potrebbe permettere pericolose infiltrazioni.
Che fare dunque? Gli attacchi aerei portati avanti dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti si sono rilevati finora poco efficaci. D’altra parte, anche il principio “via il dente, via il dolore” trova difficile applicazione in questo caso: se un intervento armato di tipo “tradizionale” permetterebbe, in termini di principio, di eliminare il problema alla radice, in termini pratici non è certo che ciò accada. Difatti, il rischio è di mantenere un vuoto di potere capace di riaccendere seri focolai d’instabilità. In definitiva, fintantoché non si sarà costretti a fare altrimenti, le principali contromisure continueranno a consistere in attacchi aerei strategici alle postazioni dello Stato Islamico.
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