Proviamo a sbrogliare la matassa. Alcune fonti d’intelligence hanno riferito che Quirico potrebbe essere stato rapito da un gruppo di guerriglieri Hezbollah, paramilitari del Partito di Dio sulla cui vicinanza al regime non vi son dubbi. In tal caso, non sarebbe inverosimile supporre che Quirico sia stato consegnato dai miliziani ai servizi segreti siriani. È dunque nelle mani di Assad? Simile interrogativo è stato posto direttamente al dittatore siriano da Marcelo Cantelmi, inviato del quotidiano argentino Clarin. In realtà la domanda posta da Cantelmi non riguardava solamente Quirico, ma anche James Foley, giornalista americano che seguiva l’evolversi della guerra civile per conto di diversi media (tra cui il Global Post e l’Agence France-Presse) scomparso da oltre sei mesi. Rispondendo alla domanda, Assad si è limitato a dichiarare di non avere alcuna informazione «su qualsiasi giornalista entrato illegalmente» in territorio siriano sottolineando il fatto che, in caso contrario, sarebbero già stati avvisati i paesi di provenienza.
Una risposta che desta più dubbi che certezze. Per un presidente impegnato in una sanguinosa guerra intestina e perennemente messo sotto pressione dalla comunità internazionale, non avrebbe avuto più senso fornire una sorta di “specchietto per le allodole”? Non sarebbe stato più facile scaricare la responsabilità sui ribelli allontanando così l’attenzione su di se? Insomma, i conti non sembrano tornare. Supponendo che i giornalisti siano entrati in possesso di informazioni sensibili o scomode per il regime, Assad avrebbe ogni interesse a mantenere lo statu quo. Se a ciò si aggiungono i sospetti della famiglia di Foley, convinta del fatto che il reporter sia in mano al regime, credere cecamente alle parole di Assad diventa ancora più difficile.
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