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DANGEROUS RED SEA

Venerdì, 12 Gennaio 2024 21:34

Stati Uniti e Gran Bretagna, hanno effettuato attacchi aerei e marittimi contro obiettivi militari Houthi nello Yemen durante la notte tra l’11 e il 12 gennaio 2024 in risposta agli attacchi del movimento contro navi commerciali internazionali nel Mar Rosso.Gli attacchi allo Yemen sono stati effettuati da aerei, navi e sottomarini utilizzando missili Tomahawk "Questi attacchi mirati sono un chiaro messaggio che gli Stati Uniti e i nostri partner non tollereranno attacchi al nostro personale né permetteranno ad attori ostili di mettere in pericolo la libertà di navigazione", ha affermato il presidente degli Stati Uniti Joe Biden in una nota. Il ministero della Difesa britannico ha affermato in una dichiarazione che "le prime indicazioni indicano che la capacità degli Houthi di minacciare la navigazione mercantile ha subito un duro colpo".

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La coalizione sunnita guidata dai sauditi sta operando manovre militari per spostare armamenti e mercenari sulle coste occidentali dello Yemen, ovvero dove le maggiori riserve di petrolio yemenita sono presenti. Lo Yemen inoltre vanta grandi riserve anche nelle regioni di Ma’rib, al-Jawf, Shabwah e Hadhramaut, riserve però mai sfruttate.

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I difficili negoziati per la pace in Yemen

Venerdì, 22 Luglio 2016 12:41

I negoziati in corso in Kuwait e sostenuti dalle Nazioni Unite sono stati sospesi al termine di giugno in occasione della 'Id al Fitr. I colloqui sono ripresi il 16 luglio, dopo un breve ritardo dovuto alla richiesta da parte del governo yemenita di assicurazioni dalle Nazioni Unite circa un'agenda di negoziati programmata.

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Yemen: il cessate il fuoco non regge

Venerdì, 10 Giugno 2016 19:32

Il conflitto in corso in Yemen non appare in via di conclusione. Nonostante i lenti progressi sul piano dei negoziati, si registrano continui scontri in larghe aree del Paese, specialmente nelle province di Marib, Jawf, Shabwa, Sanaa, Amran, Taiz, Lahj e al-Dhalea. Il raggiungimento di un accordo per il "cessate il fuoco" il 10 aprile scorso non ha prodotto risultati sostanziali, dal momento che i violenti combattimenti in corso dimostrano l'intento delle parti di proseguire nel conflitto. Occorre inoltre sottolineare che molto spesso le violenze sono il risultato di dinamiche locali altamente complesse, sulle quali i leader politici nazionali non hanno possibilità di controllo.  È altamente improbabile che possano verificarsi sostanziali perdite di territorio da parte delle forze in campo nel breve termine, è opportuno infatti evidenziare che nonostante si stia registrando una lieve perdita di controllo del territorio da parte degli Houthi, è da ritenere poco probabile un collasso generale della loro struttura militare. Gli Houthi hanno dimostrato ottime capacità operative, specie in operazioni di guerriglia. Inoltre, il gruppo sciita è riuscito a canalizzare il forte risentimento popolare nei confronti della coalizione a guida Saudita, dando vita ad alleanze strategiche tra i diversi gruppi presenti nel Paese.

Sul piano dei negoziati persistono grandi divergenze tra gli esponenti Houthi e membri del governo Hadi, tuttavia le parti sembrano insistere sulla possibilità di raggiungere un accordo duraturo per il futuro dello Yemen. Nel marzo scorso una delegazione di Houthi ha visitato l'Arabia Saudita ottenendo un accordo sulla stabilizzazione dei confini, inoltre nei primi giorni di giugno il portavoce Houthi Mohammed Abd al-Salaam ha effettuato un altro viaggio in Arabia Saudita; oggetto dei numerosi colloqui tra Abd al-Salaam e i funzionari sauditi è stato il negoziato di pace in corso in Kuwait iniziato il 21 aprile scorso. In verità i colloqui di pace sono fortemente ostacolati dalle volontà delle parti, al momento molto distanti. Nonostante ci sia comune desiderio di porre fine al conflitto, permane un forte disaccordo sulla futura struttura politica del Paese. Entrambi le parti in causa desiderano mantenere una posizione di forza nel post-conflict, il che mina pesantemente su una risoluzione a breve del conflitto. In questo scenario gli esponenti Houthi, con il sostegno dell'ex-presidente Ali Abdullah Saleh, stanno richiedendo la formazione di un governo di transizione, ipotesi però che non convince i membri del governo Hadi, i funzionari sauditi e gli Emirati Arabi: Hadi intende giungere ad un accordo conclusivo che vede l'estromissione degli Houthi da qualsiasi carica governativa e lo smantellamento del loro intero apparato militare. Forti interessi internazionali si stanno ripercuotendo sull'attuale situazione nello Yemen, si assiste ancora allo scontro indiretto tra il regno Saudita, sunnita, e la Repubblica Islamica dell'Iran, sciita. L'Arabia Saudita vede l'avanzata degli Houthi come un tentativo di accerchiamento da parte dell'Iran, mentre Teheran interpreta l'intervento di Riyadh come un'ingerenza illegittima contro la sovranità yemenita. Nonostante le scarse capacità economiche dello Yemen, questo rappresenta un hub strategico estremamente prezioso. Il Golfo di Aden è attraversato da oltre 20.000 navi annualmente, con un traffico di circa 3 milioni di barili di petrolio al giorno.

Con l'ingresso delle forze internazionali nella disputa yemenita, il conflitto ha gradualmente perso il carattere settario e politico locale, per sostanziarsi come un conflitto dal forte impatto regionale, fondamentale per gli equilibri dell'aerea. L'intervento armato della coalizione non sta portando gli effetti sperati dai sauditi, sta anzi deteriorando ulteriormente la situazione, con un forte incremento di armi sul territorio, numerosi vittime tra la popolazione civile e vaste aree totalmente fuori controllo andate nelle mani delle organizzazioni terroristiche islamiste. Gli Stati Uniti inoltre persistono nelle attività di antiterrorismo con l'uso di droni contro postazioni di AQAP. 

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Yemen, le forze di Hadi guadagnano terreno

Mercoledì, 22 Luglio 2015 15:27

Secondo le informazioni che giungono dallo Yemen, le forze fedeli al presidente Hadi stanno portando a termine numerose operazioni militari con successo contro le forze Houthi. I miliziani sciiti Houthi stanno ripiegando dalla città meridionale di Ibb, dove è stato ucciso Abu Mahammed al-Ghayli.

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Il mancato raggiungimento di una soluzione politica in Siria ha creato una situazione di caos e rischia di portare a una nuova fase di escalation e potenziale divisione del Paese. Non è la prima volta che tali possibilità esistano.

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Due attacchi (uno in Nigeria, l’altro in Arabia Saudita) hanno fatto vittime tra la popolazione di fede sciita durante l’importante festività islamica dell’Ashura.

Nigeria

Nella città di Potiskum, capitale commerciale dello stato di Yobe nella Nigeria nord-orientale, un kamikaze si è fatto esplodere durante una processione. Nonostante le notizie che circolano circa il numero delle vittime siano poco precise, tra le 15 e le 30 persone avrebbero la vita nell’attacco. Al momento manca una rivendicazione ufficiale ma il dito è collettivamente puntato contro i guerriglieri sunniti di Boko Haram.

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LA TESTA DEL SERPENTE

Giovedì, 17 Ottobre 2013 23:12

Le parole del re dell’Arabia Saudita Abdullah sono il nostro spunto per cercare di capire le problematiche di natura settaria che animano la politica, ma non solo, Mediorientale.

Il re Abdullah, riferendosi all’Iran, secondo dati WikiLeaks, si è espresso in questi termini “ che  Dio ci impedisca di cadere vittime del loro male” ed ha aggiunto che Washington dovrebbe “tagliare la testa del serpente”.

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Sulla guerra civile che insanguina l’Egitto pesano più della motivazioni religiose i finanziamenti occulti e non che le ricche monarchie del Golfo, gli Usa e la Turchia inviano alle parti in lotta.

Contributi volontari per confermare una debole pace, come quelli inviati dagli Stati Uniti ai Fratelli Musulmani un anno fa per ottenere una politica non aggressiva con Israele, oppure  come quelli inviati ora dai paesi del golfo per radicalizzare gli scontri.

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GLI “AMICI DELLA SIRIA” PRONTI AD AGIRE?

Martedì, 25 Giugno 2013 11:02

Undici paesi sembrerebbero pronti a incrementare il proprio aiuto ai gruppi ribelli che combattono il regime di Assad. Questo è quanto emerso dall’ultimo summit del collettivo diplomatico internazionale “Friends of Syria Group” tenutosi a Doha (Qatar) il 21 e il 22 giugno. Rispetto al primo incontro di Marrakech (12 dicembre 2012) al quale presero parte ben 144 paesi, il meeting di Doha ha registrato la partecipazione di soli undici stati; eppure, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia, Germania, Egitto, Giordania, Turchia, Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi si sono dichiarati pronti e intenzionati a supportare la guerriglia anti regime in termini di rifornimento d’armi ed equipaggiamenti. Per l’Emiro del Qatar Al-Thani rifornire armi ai ribelli è l’unica carta da giocare: «l’uso della forza è necessario per ottenere giustizia», queste le sue parole a summit concluso. La stessa linea pare esser condivisa dal Segretario britannico per gli Affari Esteri William Hague secondo il quale una soluzione politica al conflitto è difficilmente immaginabile: «se Assad e il suo regime pensano di poter eliminare ogni forma di legittima opposizione con la forza, è nostro dovere fornire assistenza a tale opposizione» ha dichiarato Hague, pur sottolineando che al momento Londra non ha espresso una propria posizione ufficiale.

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