Questa settimana abbiamo visto un accordo per riprendere le spedizioni di gas naturale dall'Egitto al Libano attraverso l'Arab Gas Pipeline che si estende dall'Egitto attraverso la Giordania e la Siria fino al Libano. I ministri dell'Energia dei quattro Paesi si sono incontrati in un incontro ufficiale ad Amman per raggiungere l'accordo, che promette bene non solo per risolvere parte della grave carenza energetica del Libano, ma perché rappresenta anche un'opportunità sia per la Giordania che per la Siria. Ci sono molte domande sulla probabilità di successo di questo progetto, in particolare data la necessità di stabilità e cooperazione per la sicurezza, che richiederà anche una cooperazione più ampia e un impegno politico ufficiale.
La mire espansionistiche turche si stanno manifestando in tutta la loro natura. Il governo turco, dal momento in cui Mosca e Ankara hanno ripreso una intensa attività diplomatica e di collaborazione in ambito internazionale, ha portato avanti una politica estremamente aggressiva e ambiziosa verso ovest. La Turchia ha costruito una fitta rete di organizzazioni statali e parastatali che progressivamente hanno penetrato i contesti europei e nord-africani, divenendo di fatto un attore di primo piano per gli equilibri geostrategici dell’area del Mediterraneo. Energia e difesa stanno trainando le politiche estere di Erdogan, che approfittando della natura islamista del suo governo, infiltra i governi e i movimenti politici algerini, tunisini, libici, egiziani, serbi, macedoni, greci, albanesi, bosniaci. Agendo rapidamente e mediante la messa a disposizione di grandi risorse, la Turchia infatti sta - già da alcuni anni - influenzando le politiche energetiche balcaniche, in considerazione dell’attenzione strategica che nei prossimi decenni investirà l’area dell’Adriatico.
Nucleare – Gli Emirati Arabi Uniti a breve giro inaugureranno la loro prima centrale nucleare. L’unità 1 dell’impianto nucleare di Barakah ad Abu Dhabi è pronta per iniziare la produzione di energia, secondo un’attenta valutazione di operatività condotta da un team internazionale di esperti del settore.
Nuovi sviluppi nella disputa tra Mosca e Kiev circa gli approvvigionamenti di gas naturale: la compagnia russa Gazprom riapre il flusso verso Ucraina ed Europa in virtù di un accordo trilaterale firmato dalle parti (Ucraina, Russia e Unione Europea) giovedì 31 ottobre.
La più grande raffineria di petrolio irachena è sotto assedio da giugno di quest’anno.
Mercoledì scorso i militari iracheni hanno scatenato un’offensiva fino ad arrivare a circa 2 km dalla città di Baijii allo scopo di riconquistare la più grande raffineria di petrolio del paese assediata dai militanti dello stato islamico.
Mosca coprirà circa l'80%[1] dei costi necessari per portare a termine la costruzione di due nuovi reattori (su un totale di quattro già esistenti) nella centrale nucleare ungherese di Paks (città nei pressi di Budapest). Questo è l'accordo che il presidente russo Vladimir Putin e il primo ministro ungherese Victor Orban hanno siglato la scorsa settimana, concludendo una trattativa avviata nel 2009. I termini di suddetto accordo prevedono un finanziamento di 13,7 miliardi di dollari[2] (circa 10 miliardi di euro) grazie ai quali la centrale, gestita dalla MVM Group (società statale) e produttrice del 40% del fabbisogno energetico nazionale, incrementerà sensibilmente la propria capacità produttiva.
La guerra energetica fra Russia e Unione Europea si arricchisce di un nuovo, prezioso tassello: pochi giorni fa, infatti, il Primo Ministro ungherese, Viktor Orbán, e l’Amministratore Delegato di Gazprom, Aleksej Miller, hanno stabilito, in un incontro organizzato nella capitale magiara, che i lavori di realizzazione del gasdotto South Stream, patrocinato proprio da Gazprom e destinato al trasporto di gas naturale russo dalle rive del Mar Nero fino ai paesi dell’Europa Occidentale (bypassando l’Ucraina), andrà avanti senza ritardi, con l’apertura dei cantieri prevista per Aprile 2015.
Tutto passa attraverso i tubi del gasdotto South Stream. In italiano “flusso meridionale”.
Se qualcuno ha pensato che gli alti funzionari del Ministero dell’Interno, sacrificati alla stabilità politica, abbiano agito con leggerezza, si sbaglia, la prima preoccupazione del Governo era, ed è, non indebolire la presenza italiana ad Astana.
Come al solito si è voluta mascherare una coordinata operazione di intelligence con un banale errore del Viminale.
Nella regione di Sarwah, tra la capitale Sanaa e la città di Maarib, è stata fatta esplodere una sezione dell'oleodotto che trasporta petrolio dalla provincia di Maarib al Ras Isa terminal, nell'ovest dello Yemen. L'attacco, che ha generato un incendio, si è verificato circa un mese dopo che lo stesso oleodotto fosse stato colpito. Il ministro della difesa ha identificato gli autori come degli "elementi sovversivi".