Confini permeabili – La regione del Sahel si sta confermando terra fertile per gruppi estremisti di matrice islamica, mentre la guerra in Mali ne ha favorito il contatto. Uno dei rischi che la Nigeria corre è rappresentato dalla possibilità che Boko Haram riceva un supporto sempre più diretto da parte delle milizie che agiscono nella regione, approfittando proprio della permeabilità dei confini condivisi con Cameroon, Chad e Niger.
Unità di comando – Secondo la dottrina statunitense, «unità di comando significa che tutte le forze operano sotto un singolo comandante che ha la necessaria autorità a dirigere tutte le forze impiegate al fine di raggiungere un obiettivo comune»[1]. È chiaro che il contesto a cui qui si fa riferimento è radicalmente diverso ma, in termini di principi, il concetto è lo stesso: l’unità di comando, in questo caso nelle mani di Abubakar Shekau, garantisce coesione interna; in caso contrario, le fondamenta su cui regge il gruppo sarebbero severamente minate indebolendolo.
Boko Haram – Debolezze
Brutalità e mancanza di sostegno tra la popolazione – I crimini di cui Boko Haram si è macchiato hanno inevitabilmente causato una forte alienazione tra popolazione nigeriana. Tutto ciò potrebbe costituirsi come un significativo elemento di debolezza dal momento che un simile supporto ha sempre avuto un impatto positivo sull’azione e sulle rivendicazioni dei gruppi ribelli, una sorta di legittimazione dal basso. Inoltre, la brutalità mostrata dai miliziani ha spinto la gente comune a organizzarsi in milizie di autodifesa.
Autonomia limitata? – Oltre a ordigni improvvisati (IEDs) e autobombe (VBIEDs), lanciarazzi (RPGs), MANPAD, mezzi blindati e armi leggere di vario tipo costituiscono l’arsenale usato da Boko Haram. Secondo certe fonti, l’armamentario di cui i miliziani sono in possesso, però, è frutto di furti ai danni dell’esercito regolare. Tale potenzialità offensiva, quindi, potrebbe non durare nel lungo periodo qualora le forze nigeriane riuscissero a recere ogni via di rifornimento e di approvvigionamento.
Il governo di Abuja – Punti di forza
Legittimità politica – Tralasciando eventuali considerazioni sulla genuinità dei principi democratici in Nigeria, le elezioni del 2011 hanno visto trionfare l’attuale Presidente Goodluck Jonathan con oltre il 58% dei voti. Dall’analisi di alcuni casi, tra cui quello già citato di El Salvador, emerge come la legittimità politica giochi un ruolo importante nell’attirare consenso verso coloro che s’istituiscono come counterinsurgents.
Supporto internazionale – Ancora una volta la casistica fornisce lezioni rilevanti: nella lotta alle FARC colombiane o alle milizie salvadoregne, il supporto internazionale ha avuto – e in diversi casi ha tuttora – un peso significativo. Anche nel caso della Nigeria, sia esso sotto forma di aiuti economici, equipaggiamenti o di personale militare, potrebbe arrivare a spostare positivamente gli equilibri sul terreno.
Sostenibilità dello sforzo militare, il peso dei numeri – In termini teorici, la Nigeria si trova in vantaggio: sommando gli effettivi facenti parte dell’esercito e delle forze paramilitari (polizia e Security and Civil Defence Corps), il governo potrebbe attingere a un capitale umano di oltre 140 mila uomini. Un discorso simile può essere fatto circa potenzialità offensive giacché il governo potrebbe contare, ad esempio, su una divisione corazzata, due divisioni meccanizzate, uno squadrone di caccia multiruolo F-7/FT-7 e 9 elicotteri da d’attacco Mil Mi-24/Mi-35[2]. Infine, proprio gli aiuti internazionali aiuterebbero la Nigeria nel sostenere un importante sforzo economico.
Il governo di Abuja – Debolezze
Limitate capacità operative – Numeri a parte, le capacità operative delle forze di sicurezza africane destano preoccupazione, specialmente sotto il profilo qualitativo. In primis, diversi armamenti sono datati: ad esempio, l’esercito può contare unicamente su carrarmati T-55 e Vikers MK3 di prima e seconda generazione. Inoltre, durante gli anni del regine militare, «la mancanza di fondi ha causato un deterioramento della maggior parte degli equipaggiamenti»[3]. Infine, «le decisioni in termini di approvvigionamento [hanno mostrato una preferenza per] equipaggiamenti adatti alla guerra tra stati rispetto a quelli per compiti di counterinsurgency»[4].
Mancanza di “unità” – Un grave problema è rappresentato dalla corruzione e dalla scarsa lealtà mostrata dai ranghi più bassi dell’esercito: basti pensare che in meno di un mese, tra settembre e ottobre 2014, sono stati portati davanti alla corte marziale oltre 100 elementi dell’esercito – tra soldati e ufficiali – accusati di ammutinamento, aggressione e assenze ingiustificate (AWOL)[5].