Scopo della collaborazione, aperta a tutti gli altri movimenti europei di simile ispirazione, è quello di «liberare l’Europa dal mostro di Bruxelles», come la stessa Le Pen, forte dei sondaggi che in patria la vogliono alla guida del primo partito del paese, ha affermato in conferenza stampa, aggiungendo poi che «il tempo in cui i movimenti patriottici erano divisi è finito».
L’Unione Europea, inoltre, è stata più volte definita come «un’anomalia globale», da sostituire al più presto con una «cooperazione fra Stati sovrani».
Prossima tappa di questa strategia sarà, pertanto, la creazione di un proprio gruppo autonomo in seno all’Assemblea comune, ma per averne la possibilità sarà necessario prima avere l’appoggio di almeno 25 eurodeputati di ben sette differenti paesi della UE.
Un risultato, questo, di certo non impossibile.
Non è un segreto, ormai, per l’osservatore attento, constatare quanto siano diffusi, in Europa, movimenti e partiti anti – europeisti, sia a sinistra quanto (soprattutto) a destra: in quest’ultimo settore, infatti, l’emersione di una destra nazionalista, populista ed euroscettica rischia di mandare in frantumi lo stesso quadro comunitario.
In Ungheria, il Movimento Per Una Ungheria Migliore (Jobbik), ad esempio, è in grado non solo di costituirsi come partito di governo, ma di raccogliere circa il 17% delle preferenze nazionali, mentre nella vicina Austria il Freiheitliche Partei Österreichs, un tempo guidato da Jörg Haider, ha recentemente incrementato il proprio peso in parlamento ottenendo, proprio pochi mesi fa, oltre il 20% dei consensi e ben 40 seggi.
Stesso discorso per il belga Vlaams Belang (12%), l’inglese United Kingdom Independence Party (23% dei consensi alle ultime elezioni locali) o l’ormai nota Lega Popolare – Alba Dorata, movimento ellenico entrato per la prima volta in Parlamento nel 2012, con il 7% delle preferenze.
Il discorso, poi, non sembra cambiare in paesi come Germania, Spagna e Italia: secondo un recente sondaggio condotto dal Financial Times, infatti, le formazioni euroscettiche godrebbero di un bacino di preferenze in bilico fra il 15% ed il 20%.
Qualora dovesse realizzarsi una simile coalizione, potremmo di certo assistere ad un completo rovesciamento delle stesse istituzioni di Bruxelles.
Sarà l’avvio di un processo senza via d’uscita: i governi nazionali e i partiti tradizionali, resi man mano più deboli dalla retorica di queste forze politiche emergenti, avranno costantemente bisogno proprio dell’appoggio di questi ultimi per garantire la propria stabilità interna; a livello comunitario, dunque, tutto questo non potrà che risolversi nel progressivo abbandono di quell’architettura federalista venuta a crearsi negli ultimi anni e votata all’integrazione fra stati, all’adozione di una moneta comune e all’istituzione di un parlamento europeo.
Tre elementi, questi, che vengono oggi visti dai movimenti euroscettici come simboli del lento indebolimento dello stato nazionale, cui bisogna rispondere con un suo progressivo rafforzamento rispetto alle istituzioni di Bruxelles.
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