Lo scopo di tali attacchi è duplice: da un lato hanno l’obiettivo di fermare i miliziani dell’IS così che non raggiungano il Kurdistan Iracheno e la sua capitale (Ebril), dove è presente personale americano impiegato presso il proprio Consolato; dall’altro, sono volti a proteggere la popolazione civile messa in fuga dai miliziani.
Alla luce di quanto detto, è chiaro che, per quanto positivamente possa essere valutato, l’intervento americano non potrà impedire ai miliziani di rafforzare le proprie posizioni nel Paese: probabilmente riuscirà a dissuadere lo Stato Islamico dalla propria avanzata verso Ebril, ma non sarà di certo sufficiente a sconfiggerlo. Al momento, gli attacchi aerei si concentrano nel nord del Paese e potrebbero essere “dirottati” verso Baghdad qualora le forze jihadiste arrivino ad attaccare la Capitale (mettendo a repentaglio anche la vita dei cittadini americani lì presenti). Difficilmente l’impegno americano si allargherà quindi ad altre regioni giacché, come dichiarato da Obama, gli Stati Uniti non saranno coinvolti in una nuova guerra in Iraq ma si limiteranno ad agire «cautamente e responsabilmente per evitare un potenziale genocidio».
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