Non solo: stando a quanto riportato sul Jerusalem Post, Nasrallah ha individuato proprio in Israele il “mandante” del drone, ritenendolo capace di inviare un proprio APR (Aeromobile a Pilotaggio Remoto) verso il Libano, per poi farlo tornare verso le proprie coste in modo da abbatterlo scaricandone la paternità sugli Hezbollah. Tuttavia, tale accusa sembra reggersi su fragili fondamenta: cosa avrebbe ricavato Israele da una simile mossa? Il pretesto per un intervento militare? Anche qualora si ritenesse Israele capace di attuare uno stratagemma di questo tipo, in termini puramente logici, una scelta del genere pare priva di senso: perché distruggere un proprio APR ora, quando solo sei mesi fa avrebbe potuto scatenare un’offensiva in Libano in risposta al drone abbattuto il 6 ottobre? Semmai, più accettabile risulta l’ipotesi, avanzata dallo stesso Nasrallah, secondo la quale ad inviare il drone potrebbe essere stata una fazione loro ostile che avrebbe tratto un quale beneficio da un eventuale scontro con Israele.
Al momento sulla vicenda aleggiano ancora più ombre che luci; sarà quindi necessario attendere i primi esiti delle missioni di ricerca dei frammenti del drone per poter avere un quadro più nitido.
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