Accantonate le ipotesi di una matrice curda, le prime reazioni dei vertici di Ankara hanno direttamente additato l’intelligence siriana quale responsabile delle deflagrazioni. Il Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan e i suoi collaboratori ritengono Assad responsabile degli attacchi data la presenza di oltre 300 mila profughi, ritenuti possibili obiettivi del regime. Inoltre, l’attacco è arrivato tre giorni dopo le dichiarazioni del Primo Ministro contro il regime di Damasco, accusato di avere utilizzato armi chimiche contro i civili; e a cinque giorni da un prefissato meeting dello stesso Primo Ministro con Obama nel quale, si presume, sarà chiesta agli Stati Uniti una posizione più decisa contro la Siria.
Facendo da contrappeso elle accuse turche, è arrivata oggi la smentita ufficiale da parte dei vertici di Damasco: il Ministro dell’Informazione Omran Zubi ha negato ogni coinvolgimento del suo governo, dichiarando che agire in questi termini non fa parte dei valori morali siriani e ha scoraggiato la formulazione di altre accuse infondate.
Tuttavia, nonostante tali le affermazioni, Ankara non sembra intenzionata a darvi credito. Al contrario, ricordando le vittime di un minibus esploso in Febbraio proprio nei pressi di Reyhanli e quelle di alcuni colpi di mortaio siriano accidentalmente caduti in Turchia in Ottobre, sembra aumentare la preoccupazione di futuri attacchi lungo il confine. Testa-a-testa tra Ankara e Damasco alle porte?
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