Inizialmente ci si aspettava che ritirasse la propria candidatura per supportare il più potente Ali Akbar Rafsanjani, ma a causa delle esclusione di quest’ultimo dalle elezioni, i ruoli si sono invertiti. Il simbolo della sua campagna è stata una chiave e il suo motto è “Un governo della prudenza e della speranza”.
Sostenitore delle proteste del 2009, ha sempre criticato il governo Ahmadinejad per la violenza usata nel gestire la folla manifestante.
Il suo piano elettorale si divide in 3 punti: Economia, nucleare, diplomazia.
Ha sempre considerato di primaria importanza i problemi economici dell’Iran, nati a causa dell’incompetenza dell’amministrazione Ahmadinejad. Afferma che con una strategia ben mirata potranno essere creati migliaia di posti di lavoro.
Avendo lavorato come capo delle negoziazioni iraniane sul nucleare, è un sostenitore dello sviluppo atomico iraniano. Ha affermato che:
“L’Iran ha esclusivamente un programma nucleare pacifico, gestito dalle leggi internazionali. Un campagna politica di disinformazione è stata perpetrata per far credere il contrario. Questa campagna è stata diretta e alimentata principalmente da Israele non solo per dirottare l’attenzione mondiale dal proprio programma nucleare illegale, clandestino e pericoloso, ma anche per dalla propria politica disumana verso lo Stato Palestinese. Se sarò eletto, ribalterò questa credenza e reinstaurerò la reciproca fiducia internazionale.”
Ovviamente rendendosi conto che i problemi economici dell’Iran derivano principalmente dall’inimicizia con gli Stati Uniti, ha affermato che:
“La relazione tra Iran e USA è molto complicata. Alle spalle abbiamo una storia amara, piena di sfiducia, sospetto e animosità. E’ diventata una ferita cronica la quale rimarginazione è difficile ma non impossibile. Da presidente moderato, ho un piano diviso in fasi per diminuire le ostilità verso un stato di tensione più maneggevole al fine di promuovere una futura interazione un dialogo civile tra i nostri due popoli, e finalmente raggiungere il punto di rispetto reciproco che le nostre due popolazioni meritano.”
Ovviamente è un totale cambio di rotta dalle ideologie dell’amministrazione di Ahmadinejad. Rohani, appartenente al clero ma allo stesso tempo moderato, potrebbe essere il punto di contatto e di mediazione tra i due “mondi”. Intanto gode dell’appoggio del popolo, come si è ben visto, e sulla carta le sue promesse sembrano ben presagire per il futuro dell’Iran. La sua politica basata sulla interazione costruttiva con il mondo, è forse il miglior punto di partenza al quale il popolo iraniano poteva aspirare.
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