In risposta agli scontri il governo egiziano ha proclamato lo stato di emergenza e dichiarato che si opporrà con tutti i mezzi agli atti di violenza perpetrati dai Fratelli Musulmani. Alcuni membri di spicco della fratellanza sono stati arrestati, tra i quali l'ex segretario generale del Partito di Libertà e Giustizia Mohammed al-Beltagy e il predicatore islamico Safwat Hegazi. Reazioni alle violenze in Egitto sono arrivate anche dal mondo della politica, il vice-presidente egiziano El Baradei ha presentato le dimissioni, seguito poi dai vice premier egiziani Hossam Eissa e Ziad Bahaa El-Din. La comunità internazionale ha manifestato sdegno per quanto sta accadendo nelle città egiziane, gli Usa si sono opposti alla proclamazione dello stato di emergenza e hanno richiesto il rispetto dei diritti umani. Gran Bretagna, Francia, Germania, Spagna e Italia hanno convocato i rispettivi ambasciatori egiziani per avere chiarezza sui fatti del 14 agosto.
Di sicuro quanto sta avvenendo lascia emergere le enormi difficoltà di convergenza tra i membri della Fratellanza e l'attuale governo. Le trattative per la partecipazione al governo di sostenitori di Morsi sono estremamente compromesse dal persistere di scontri tra le forze di polizia e i manifestanti. L'aumento del controllo politico da parte dell'apparato militare è stato ribadito dalle nomine di 25 nuovi governatori regionali 13 agosto, molti dei quali figure di spicco del passato regime Mubarak. Indubbiamente il peso dei sostenitori di Morsi all'interno della comunità egiziana è stato sottovalutato dalla comunità internazionale, la quale ha risposto timidamente alla presa di potere da parte dei militari e non è riuscita a contenere la loro acquisizione di controllo nella sfera politica, lasciando il Paese in uno stato di tensione che sta esplodendo. Il rischio connesso all'estromissione dei Fratelli Musulmani dal processo di transizione politica è la radicalizzazione ulteriore dei gruppi di opposizione all'attuale governo, la persistenza di scontri a bassa intensità e il prolungamento della fase di transizione politica, mantenendo così il Paese in uno stato di instabilità che mina sia il contesto di sicurezza, sia lo sviluppo economico dell'Egitto.
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