Rifugio sicuro nel nord-est del Paese – Quello del “rifugio sicuro” (safe havens o sanctuaries) è un elemento che accomuna diversi casi di counterinsurgency/counterterrorism. Il Pakistan settentrionale per i Talebani, la c.d. zona de despeje nella Colombia centro-meridionale per le FARC, e le zone montagnose al confine con l’Honduras per i guerriglieri salvadoregni, sono alcuni esempi. In Nigeria, Boko Haram è riuscito a consolidare la propria presenza territoriale nel nord-est del Paese e ha fatto dello Stato di Borno il proprio “santuario”. Da lì, il gruppo jihadista è riuscito a infiltrarsi progressivamente verso ovest: lo stato di Yobe e parte consistente dello stato di Adamawa sono sotto diretto controllo dei miliziani mentre gli stati federali limitrofi continuano a essere colpiti da violenti raid.
Finalmente l’Unione Europea ha deciso, i governi e le forze di sicurezza dovranno lavorare più strettamente al fine di controllare le minacce e le violenze di matrice terroristica come quelle avvenute a Parigi la scorsa settimana.
Così come la Francia ha schierato le proprie truppe per le strade, il primo ministro Ungherese ha chiesto formalmente all’Europa di chiudere le porte all’immigrazione, e molti paesi dell’Unione stanno pensando di cambiare le regole di viaggio “senza passaporto”.
LIBIA Il braccio dell’ISIS in Libia ha rivendicato il sequestro di 21 cristiani copti egiziani provenienti dal governorato di Minya.Il gruppo jihadista ha inoltre diffuso delle foto degli ostaggi, come riportato da Site Intelligence Group. I 21 cristiani, secondo quanto riferito dall’Is, sarebbero stati catturati nello Stato di Tripoli a capodanno. Si aggravano le condizioni di vita dei cristiani in Libia dalla caduta di Gheddafi nel 2011, numerosi gruppi jihadisti presenti nel Paese hanno più volte colpito famiglie cristiane su tutto il territorio. Non si hanno notizie dei due giornalisti tunisini Nadhir Ktari e Sofien Chourabi sequestrati l’8 gennaio da militanti dell’Is, secondo indiscrezioni i due sarebbero ancora vivi. Intanto nel pomeriggio dell’11 gennaio l’aviazione libica ha bombardato obiettivi militari appartenenti alla coalizione Fajr Libya.
Boko Haram continua la sua campagna di devastazione, obiettivo: la creazione di uno stato islamico. Come è già stato messo in luce, la costruzione di uno stato islamico in Nigeria, sul modello di quello creato da Al-Baghdadi in Iraq e Siria, è da tempo oggetto di dibattito all’interno della intelligence community. Anche in questo caso esso sarebbe da considerarsi quale ultimo stadio evolutivo di un gruppo terroristico. Gli attacchi avvenuti gli ultimi mesi, compresi quelli di Baga del 3 e 7 gennaio 2015, sembrano corroborare questa ipotesi.
Giorni di fuoco in Siria e Iraq: integrando le varie notizie circa le operazioni aeree guidate dagli Stati Uniti contro lo Stato Islamico, 64 attacchi sono stati portati a termine dalla coalizione tra mercoledì 24 e domenica 28 dicembre.
Tra il 24 e il 25 dicembre, stando a quanto dichiarato dalla Combined Joint Task Force, le forze dell’ISIS hanno subito 39 attacchi: di questi, 19 sono stati condotti in territorio siriano (17 presso la città di Kobane e 2 presso Hasakah e Raqqa), mentre 20 sono stati condotti in territorio iracheno (colpendo nei pressi di Al Asad, Sinjar, Mosul, Al Qaim, Baiji, Kirkuk, Falluja e Tal Afar).
Boko Haram continua la sua “guerra santa” in Nigeria: tre nuovi attentati hanno fatto vittime nel nord-est del Paese. Pur in mancanza di una rivendicazione ufficiale, il dito è senza indugio puntato verso il gruppo jihadista nigeriano.
Sale la tensione tra l'Armenia e l'Azerbaijan dopo che l'esercito azero ha abbattuto, verso le 13.35 di mercoledì 12 novembre[1], un elicottero militare armeno (un MI-14 da combattimento) nel distretto di Agdam (nel Karabakh).
«Oggi, il governo assume la decisione di riconoscere lo stato di Palestina», questo è l’annuncio fatto dal Ministro degli Esteri svedese Margot Wallstrom; una decisione che “fluttuava” nell’aria già dai primi di giorni del mese e che oggi (30 ottobre 2014) conosce la sua ufficialità.
Stando a quanto riportato dal portale Greek Reporter, lunedì 27 Ottobre sei caccia F-16 turchi avrebbero violato lo spazio aereo ellenico per circa 30 minuti (dalle 13:11 alle 13:44)[1]. La notizia, al momento non confermata dallo Stato Maggiore greco[2] e non ancora rilanciata dalle principali agenzie di stampa internazionali, dimostra come la c.d. “disputa sull’Egeo” tra Grecia e Turchia non si sia mai esaurita.