L’azione turca ad oggi di fatto rallenta la sua realizzazione. I fatti si sono susseguiti nell’arco di brevissimo tempo: la repubblica di Cipro nei giorni scorsi ha emesso un primo Navtex che rendeva noto agli attori internazionali presenti nell’area che la nave italiana avrebbe iniziato le indagini geologiche nella sua zona economica esclusiva. I lavori degli italiani sono stati però immediatamente bloccati da un secondo Navtex turco rivendicando a sé la zona economica esclusiva: “La parte settentrionale dell’area di ricerca che Larnaca ha delimitato rientra nella zona marittima della giurisdizione turca, quindi le operazioni nell’area devono essere coordinate con le autorità di Ankara”.
È chiaro l’intento di Ankara. Tagliare fuori l’Europa dal mercato energetico ed impedire che l’Egitto diventi un centro energetico primario nel Mediterraneo, ruolo che la Turchia evoca a sé. Sono infatti chiare le azioni messe in campo dal governo turco per il raggiungimento di questo obiettivo: primo tra tutti l’accordo energetico con il governo di Sarraj, a proposito del petrolio libico.
L’Italia insieme ad altre nazioni europee sarà danneggiata dalla spregiudicata politica turca, infatti anche alcune aziende italiane hanno partecipato alla progettazione del cavo, in partnership con la EuroAfrica Interconnector, società nata allo scopo di progettare e realizzare il cavo sottomarino.
Se la situazione non si sbloccherà un’infrastruttura europea sarà fermata a causa delle azioni turche. Come finirà? Come reagirà l’Europa? E l’Italia in tutto ciò che ruolo avrà? Si attendono gli eventi e le risposte.
Emanuela Locci – (Docente Università di Torino)
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