Il 15 marzo 2011 ebbe inizio la crisi siriana, partita dalla protesta civile contro il regime di Bashar al Assad per la corruzione imperante, l’assenza di riforme strutturali, la scarsa libertà di espressione. La crisi degenera dopo pochi mesi in insurrezione armata, sia come risposta a repressioni di manifestazioni pacifiche e antigovernative da parte dell’esercito, sia da parte di “generosi finanziatori” regionali e non, che approfittando di quanto avveniva in Tunisia, Libia ed Egitto hanno deciso di supportare (e sfruttare per i propri interessi) alcune frange di rivoltosi, con l’obiettivo di generare uno spillover in tutto il paese. La Siria precipita cosi nella più grave e dolorosa crisi politica, sociale, economica e umanitaria che, dall’indipendenza ad oggi, abbia affrontato, rischiando (in parte riuscendoci) di destabilizzare l’intera regione. L’opposizione, rappresentata principalmente dal Syrian National Council, vero e proprio governo in esilio, con sede a Instanbul, è rimasta frammentata sin dall’inizio, politicamente e militarmente, in gruppi che rappresentano un ampio spettro di posizioni, da coloro che sostengono la non violenza e il dialogo con il partito Ba'ath, a quelli che sostengono una sovversione violenta e una guerra contro lo Stato. Il governo siriano, sul punto di collassare, in ripetute occasioni, godendo di un incondizionato appoggio politico-diplomatico da Russia e Cina, e ricevendo assistenza militare da iraniani ed hezbollah libanesi, invece, con maniacale sciovinismo, considera l’insurrezione come una rivolta di “gruppi terroristici armati e mercenari stranieri”, oltre che da “traditori della patria”.
ASSAD: DA RIFORMATORE A CARNEFICE
Bashar Al Assad, nato 11 settembre 1965 è l’attuale presidente della Siria e segretario generale del partito Baath. Sale al potere nel 2000, quando successe al padre,Hafez al Assad, che ha guidato la Siria per 30 anni fino alla sua morte (1970-1999).
Assad laureato in medicina all’università di Damasco nel 1988, inizia a lavorare come medico nell'esercito. Quattro anni più tardi, ha frequentato studi post-laurea presso l'Eye Hospital, a Londra, specializzandosi in oftamologia. Nel 1994, dopo che suo fratello maggiore Bassel muore in un incidente d'auto, Bashar fu richiamato in Siria per assumere il ruolo di Bassel come erede. Assad è stato riconfermato dall’elettorato nazionale in qualità di Presidente della Siria nel 2000 e nel 2007, tramite referendum. Il governo di Assad si è descritto come laico, mentre gli esperti hanno sostenuto che il governo sfrutta le tensioni settarie nel paese per rimanere al potere.
Inizialmente visto dalla comunità nazionale e internazionale come un potenziale riformatore, questa aspettativa cessò quando, nel corso della primavera del 2011 egli ha ordinato una “repressione di massa” e vari assedi militari nelle manifestazioni antigovernative, facendo scivolare il Paese in una guerra civile. L’opposizione siriana con Stati Uniti, Unione Europea e la maggior parte dei Paesi della Lega Araba ha poi chiesto le dimissioni di al-Assad dalla presidenza. Durante la guerra civile siriana, Assad è stato personalmente implicato in crimini di guerra e contro l’umanità da parte delle Nazioni Unite. Alla fine di aprile 2014, Assad ha annunciato l’intenzione di correre per un terzo mandato, suscitando gravi preoccupazioni da parte delle Nazioni Unite e in altri paesi per quanto riguarda la legittimità di questa votazione e l’effetto che avrà sui colloqui di pace con l'opposizione siriana. Inutile dire, che nonostante, abbia due sfidanti, vincerà senza ogni ombra di dubbio. La mossa è molto semplice, da un lato ripresentarsi come unico e solo rappresentante del popolo siriano, legittimato mediante “votazioni democratiche”, dall’altro obbligare i Paesi che hanno sostenuto e finanziato l’opposizione a trattare solo e unicamente con lui per porre fine alla crisi, e non con l’opposizione in esilio (delegittimandola).
I CANDIDATI
Tra il mese di Aprile e di Maggio 2014, su un totale di 24 candidati,(di cui 2 donne e un cristiano) hanno presentato domanda alla Suprema Corte costituzionale per la presidenza solo in tre, compreso l’attuale presidente uscente Bashar al Assad. Sono risultati ”idonei”per la presidenza della repubblica, Maher Abdul-HafizHajjar e Hassan Abdullah al-Nouri, entrambi sconosciuti al grande pubblico e ritenuti “fantocci” dall’opposizione.
GLI SLOGAN DI ASSAD
Nel quartiere SabaaBahrat di Damasco, un cartello recita: "Non chiudere gli occhi finché non abbiamo detto sì all’oftamologo", in riferimento alla professione per la quale Assad è stato educato. La campagna elettorale è stata schiacciante, se paragonata a quella degli altri due candidati, che per quanto abbiano fatto numerose interviste e proclami non godono della straordinaria potenza mediatica di Assad.
Si tratta di una campagna “moderna” nello stile, e professionale,che ha utilizzato tutti i mezzi possibili, non solo striscioni e volantini, ma anche spot televisivi, social media,merchandising e anche canzoni con il chiaro obiettivo di risvegliare i sentimenti patriottici dei siriani.
Lo sfondo grigio chiaro,Assad senza cravatta. L’immagine mira a trasmettere un messaggio di pace, la calma che solo Assad può garantire, è l’unico in grado di salvare il Paese dalla distruzione totale.
Ma, senza alcun dubbio, la caratteristica più evidente è la scelta dello slogan Sawa ("insieme"), che riesce a evidenziare il ruolo del popolo siriano, in particolare di coloro che sono rimasti dalla parte del regime, lungo il conflitto. La maggior parte dei video elettorali sono composti da uomini e donne, bambini e anziani, insegnanti e costruttori, elite e contadini, come se si volesse rievocare l'orgogliosa eredità del socialismo immaginario baathista e del preguerra in generale, momenti che sembrano quanto mai distanti vista dall’escalation del terrore degli ultimi 3 anni. Video come “Più forti insieme”, “Insieme contro il terrorismo”, “Padroni di costruire insieme”, “Sarà bello di nuovo insieme”, utilizzano l’innocenza dei bambini (quelli che in realtà ricostruiranno il paese) con l’obiettivo di rappresentare la purezza del regime, accusato di commettere atrocità. Infatti i video mostrano come sarà il popolo siriano una volta finita la guerra, o meglio, una volta che il regime avrà vinto la guerra, dettaglio scontato.
COMPETITOR DEBOLI: l’opposizione “tollerata”
Maher al Hajjar: primo candidato a registrarsi come tale, nato nel 1968 ad Aleppo. Laureato in lingue e letterature straniere, membro del HizbIradat Al-Sha'ab (Partito di volontà popolare), formazione politicadi impronta marxista-leninista, legalizzato nel 2012, guidato dal vecchio oppositore comunista Qadri Jamil, favorevole alle proteste iniziali del 2011, ed ex primo ministro, dal giugno 2012 all’ottobre 2013. Al momento della candidatura il partito, tuttavia, prende le distanze da Hajjar, in quanto membro “poco conosciuto”e senza una lunga storia di militanza attiva, annunciando che come candidato non rappresenterà il partito ma solo se stesso. La sua piattaforma elettorale non sembra differire molto da quella di Assad, con i soliti slogan, se non in un differente quanto ambiguo piano economico :
- - in ambito internazionale ha sottolineato il rafforzamento delle relazioni con i Paesi che “rispettano il diritto internazionale, il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale”, con chiaro riferimento a Russia, paesi BRICS e Iran
- - elogio dell’esercito siriano e necessità di sostenerlo nel combattere il “terrorismo” e “diffusione della sicurezza”.
- Considera le primavere arabe “rivoluzioni autentiche e reali”, rilevando che coloro che sono scesi in strada all’inizio degli eventi “non hanno ricevuto ordini da nessuno”. Il problema, dice, è il “progetto americano-sionista”, con l’appoggio di alcune monarchie del golfo, che ha dirottato i movimenti popolari e le “legittime richieste di cambiamento”.
- - Abbandono di politiche liberali, adottate precedentemente, che “non servono agli interessi nazionali” e “diffusori di povertà”. A suo avviso la Siria ha bisogno di un governo “competente e volitivo”, non un governo tecnocratico, criticando l’operato del governo attuale in quanto non ha una chiara visione economica o politica (con l’esclusione dell’esercito e del Ministero degli Esteri). Nonostante “accusi” il governo di aver attuato alcune delle riforme troppo tardi, aggiunge che ciò che conta è “non guardare al passato ma al futuro, apprendendo dall’esperienza”. L’intento, in caso di vittoria, sarà quindi di “rivitalizzare l’economia, specificando gli obiettivi” e formare una squadra di governo capace ed efficiente.
Per quanto riguarda la soluzione politica alla crisi, ha sottolineato che “c’è da fare una distinzione tra siriani che vogliono ciò che è bene per il proprio paese e sono stati ingannati e sfruttati” e “assassini e criminali portati in Siria da americani e sionisti”. Ribadisce che il dialogo non può esser fatto (riferendosi al SNC) con rappresentanti “imposti dall’estero”, che non hanno “nemmeno presentato un programma politico e su che tipo di Stato dovrebbe formarsi”. Inoltre dura critica a quei Paesi che hanno impedito ai siriani di votare e che c’è una sostanziale differenza tra l’invito ad astenersi dal voto e l’impedimento diretto, paragonando queste decisioni a quelle dei “terroristi” che controllano alcune aree del Paese. Infine ha espresso grande insoddisfazione per la copertura mediatica squilibrata dei tre candidati, criticando SANA, l’agenzia di stampa siriana, in quanto non ha riportato le interviste che ha fornito ad altri media e giornali.
Hassan al Nouri: secondo candidato per le presidenziali. Nato a Damasco nel 1960, proveniente da una ricca famiglia di commercianti, ex segretario di Stato per lo sviluppo amministrativo ed ex deputato, laureato in Economia e Commercio all’Università di Damasco, con master in Amministrazione pubblica presso l’università del Wisconsin-Madison negli USA e un secondo in Gestione delle risorse umane presso la J. F. Kennedy della California. E’ un liberale dichiarato, dunque ideologicamente lontano sia Assad che da Hajjar, è a capo del NIACS (Iniziativa nazionale per l’amministrazione e il cambiamento in Siria), opposizione anche in questo caso “tollerata” dal regime, ed è una figura interessante in alcuni punti, timidamente costruttivista. Dai toni più pacati e meno guerrafondai, chiariamo brevemente qualche aspetto sulla sua campagna:
- - l’esigenza di “differenti colori politici”; la Siria, sostiene, ha bisogno di una “politica in grado di considerare le esigenze di tutti i cittadini”, e che non può ricostruirsi con decisioni unilaterali o attuate da un solo policy-maker. Si dice pronto ad essere un leader, e non il leader, della ricostruzione
- - individua come causa primaria della crisi la povertà, e l’assenza di un forte ceto medio a cui bisogna lavorare attraverso ”riforme economiche e umane”, provando a convincere anche i siriani residenti all’estero (principalmente nei Paesi occidentali) a ritornare ed investire nella ricostruzione
- - non si definisce né pro Assad né anti Assad, oscillando nella vaghezza; da un lato, sostiene aver criticato il presidente su come ha operato in “alcuni campi” nel corso della crisi e di essere stato “cacciato” dal governo nel 2002, per dissidi con quest’ultimo, inoltre riconosce che nella società siriana grava pesantemente l’eredità baathista, non facile da superare; ma dall’altro lato, esprime pieno appoggio alla “guerra contro il terrorismo”, praticata dal governo dall’inizio della crisi, oltre che al ruolo dell’esercito
- - in politica estera, loda il ruolo esercitato dalla Russia, l’ Iran, Cina e India in quanto “amicizie strategiche”e come “partner per la ricostruzione”. Incolpa la Turchia e l’attuale amministrazione Erdogan, oltre che i paesi del golfo, e ad altri attori occidentali, per aver ostacolato in tutti i modi gli “sforzi governativi di riconciliazione nazionale” e con intenti dichiaratamente destabilizzanti per il Paese e per lo Stato.
- - si dice pronto a ritrattare con gli USA e con il Syrian Free Army (braccio armato del SNC), in quanto composto da, tra volontari e soldati disertori, siriani e quindi desideroso di tentare ad allacciare un dialogo intra-siriano tra le forze in conflitto.
- - considera le elezioni presidenziali “democratiche e trasparenti”, pur riconoscendo che molti cittadini fuori dalle aree controllate dal governo saranno impossibilitati al voto, e definendo uno “scandalo” il fatto che Francia, Italia, Regno Unito e Germania hanno vietato ai siriani residenti di recarsi in ambasciata per le votazioni, cosa che tanto per fare un esempio, non è stata impedita nelle recenti votazioni ucraine.
BLOODELECTIONS
E’ cosi che gli attivisti antiregime definiscono le elezioni di oggi. Il ministro degli esteri britannico,William Hague, ha definito tali elezioni una “parodia della democrazia”. Migliaia di attivisti lamentano di come la Comunità internazionale non abbia fatto nulla per fermare “questo stupido gioco”, limitandosi ad ammonimenti verbali. La campagna Bloodelections colpisce viralmente il web, con supporters da tutto il mondo, oltre che diverse manifestazioni nelle principali città europee, e non solo.
https://www.triageduepuntozero.com/en/medio-oriente/189#sigFreeId5b5cb045f3
L’Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha alzato bandiera bianca, già nel luglio 2013, cessando il conteggio delle vittime, che ammontavano ad oltre 100.000 unità (di cui la metà civili), dal momento che sono rimaste pochissime ONG sul territorio, utili a fornire dati precisi. L’Osservatorio Siriano per i diritti umani afferma che i decessi si attestano a 160.000, di cui oltre 10.000 bambini, tra bombardamenti e malattie. A ciò va aggiunto il numero dei profughi, che superano i 2 milioni, riversandosi nei Paesi confinanti, Turchia, Libano e Giordania in primis, e di sfollati interni, 4 milioni circa.
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