Questo incontro potrebbe essere considerato da un lato l’inizio di un processo per i paesi arabi di impegnarsi politicamente con la Siria e ancor di più un tentativo da parte siriana di promuovere le relazioni con i paesi arabi. I legami tra Siria e Oman nel corso degli ultimi anni sono stati solo in parte tagliati e l’Oman è stato uno dei primi paesi a inviare un ambasciatore in Siria nel 2020. Quindi, indipendentemente dalle dichiarazioni pubbliche e dalle percezioni di un importante passo avanti nel ripristinare le relazioni siriane con i paesi arabi, l’incontro è più un tentativo di promuovere l’immagine di due paesi che in realtà hanno mantenuto saldi i propri legami. L’Oman ha, del resto, sempre avuto successo nell’influenzare in modo pacato, dietro le quinte, molte questioni compresi i negoziati iraniano-americani nel corso degli anni.
Mentre la catastrofe del terremoto è utilizzata come giustificazione dalla Siria per cercare di abbattere i tabù politici e incoraggiare altri paesi a impegnarsi sotto la copertura umanitaria, Assad affronta le sfide della posizione ufficiale degli Stati Uniti, delle sanzioni in diretta e del Caesar Act che rende estremamente difficile per la comunità internazionale impegnarsi. A ciò si deve aggiungere la percezione dell’influenza russa e iraniana sulla Siria. In questo momento aprire le porte con il mondo arabo è un buon passo strategico, anche se potrebbero non avere abbastanza influenza per spostare la posizione degli Stati Uniti. L’Oman è un primo passo quasi scontato data la loro esperienza nella costruzione di canali secondari per influenzare gli Stati Uniti e avere la fiducia degli iraniani.
In questo quadro anche il Qatar è nella giusta posizione per svolgere il ruolo di mediatore o sponsor back-channel, ma quando si tratta di Siria, il Qatar è uno dei pochissimi paesi arabi che mantiene unaposizione anti-Assad. Ancora una volta, tatticamente questo lascia l’Oman come l’opzione migliore per aiutare i siriani a cercare un cambiamento nella politica degli Stati Uniti. Questo non vuol dire che sarà facile, in particolare a causa delle connessioni con la Russia e l’Iran e il fatto che la Siria è un porto per procura della Russia sul Mediterraneo.
Mentre l’Oman può essere il canale per il messaggio, la catastrofe del terremoto insieme alle sfide interne, alle difficoltà socio-economiche e alle minacce alla sicurezza come il ritorno di Daesh concorrono a formare i giusti presupposti per la Siria nel promuovere la necessità di revocare le sanzioni e il Caesar Act. Ma ci si aspetta anche che la Siria dimostri le proprie intenzioni di cooperare nella lotta contro il narcotraffico nella regione e combattere i gruppi terroristici che hanno iniziato a evidenziare la propria presenza attaccando alcune città in Siria. Solo dimostrando la propria intenzione di dialogare la Siria potrebbe trovare degli interlocutori validi che possano seguirla nella sua battaglia contro le sanzioni che la attanagliano.