Dal momento in cui si è verificato il cambio di leadership a Kiev, in questa regione (così come in altre aree filorusse del paese) la popolazione, considerando illegittimo il nuovo governo, sembra aver cominciato guardare alla Russia in qualità di vero e unico partner politico.
Negli ultimi giorni, gruppi paramilitari filo-russi, in divisa ma senza segni che ne permettano un chiaro riconoscimento, hanno preso possesso delle principali infrastrutture strategiche del paese (come aeroporti e basi militari). Non solo: crescono le voci secondo le quali vere e proprie unità militari russe sarebbero giunte in Crimea a bordo di velivoli e navi da guerra. Ad aumentare la preoccupazione generale, il parlamento russo ha avallato la possibilità di un intervento armato ipotizzato da Putin.
Nonostante non sia stata versata una goccia di sangue, la tensione tra Mosca e Kiev sale alle stelle. Il primo ministro ucraino Arseniy Yatsenyuk ha parlato di “dichiarazione di guerra” e ha affermato che l'Ucraina è pronta a combattere qualora Mosca dovesse optare per un intervento diretto. Tuttavia, mentre vengono chiamati i riservisti, viene anche lanciato un appello agli alleati occidentali nella speranza di ricevere un supporto concreto nel momento del bisogno.
Le prossime ore saranno cruciali. Nonostante l'invasione di uno stato sovrano costituirebbe un suicidio politico per Mosca, la possibilità di scontri armati al momento non è completamente scartabile. Fin dove il Cremlino è disposto a spingersi?
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