<< Quando mai nella storia dell’Islam si è visto un parlamento, un presidente, un primo ministro e un governo? L’80% di ciò che facciamo non ha precedenti nella storia dell’Islam.>> (Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, discorso al majles, 1991)
Infatti la struttura dell’Iran, per il modo in cui il potere è concentrato nelle mani della Guida Suprema, ricorda più la Quinta Repubblica di Charles De Gaulle che il classico modello islamico del califfato e le particolarità della Costituzione della Repubblica Islamica risiedono nel fatto che queste devono essere colte dalla comparazione con altre carte costituzionali di altri paesi islamici. Questa Carta costituzionale riprende la divisione dei poteri promossa dal filosofo francese Montesquieu, secondo il quale, per garantire la libertà, i poteri dello Stato vanno divisi tra organi differenti. Infatti nella Costituzione del 1979 si trovano congiunti in modo originale elementi laici, di stampo europeo, con elementi fondamentali dello stato islamico, e ciò chiaramente evidenzia delle contraddizioni di base. In primo luogo, il concetto stesso di Costituzione (legge, sovranità del popolo, diritti della nazione, potere legislativo, esecutivo, giudiziario, parlamento ecc.) è ripreso dalla piena tradizione europea ma con la fusione con i concetti del Corano: viene definito sistema costituzionale, ma nel senso che le regole sono soggette a una serie di condizione definite nel Corano e nella Sunna del Profeta, con una serie di pesi e contrappesi che influenzano ogni singolo articolo riguardante le libertà del popolo. Già tale dato è sufficiente a rivelare le profonde contraddizioni di base interne ai principi costituzionali iraniani.
Novità assoluta nel mondo islamico è la terza parte della Costituzione iraniana, dedicata completamente al riconoscimento e alla garanzia dei “diritti del popolo”: infatti sono riconosciuti appartenenti alla tradizione islamica i concetti di “diritto individuale” e “libertà d’azione”. Però per non tradire appunto il fine ultimo di mantenere il potere nelle mani del clero, questi diritti hanno delle forme di tutela insolite che emergono dall’analisi della tecnica di redazione della norma. Infatti questo catalogo dei diritti e delle libertà individuali ha delle limitazioni che lo rendono un esempio unico al mondo e diverso da tutte le costituzioni esistenti: le norme sulla Carta sono formulate in modo da poter “rinnegare” se stesse, Si deduce che la tecnica utilizzata, denominata “normativa rinnegante”presente anche in altri ordinamenti, qui si differenzia da essi per la gradazione delle “negazioni”.
Infatti, dopo una lettura attenta della Costituzione iraniana emerge come il catalogo dei diritti del popolo e del singolo sia limitato ai “soli casi previsti dalla legge” e con le limitazioni derivanti dal conflitto con il complessivo insieme dei principi islamici, che, ovviamente, non sono cristallizzati in un atto normativo e cambiano interpretazione a secondo del giurista, laico o religioso che sia, che li analizza e conseguenzialmente possono mutare secondo l’interpretazione del singolo e del momento. Infatti ogni libertà (stampa, associazione, religione ecc.) è garantita “purché non offenda i principi fondamentali dell’Islam” oppure “purché la scelta non sia in contrasto ai precetti islamici” oppure qualora “non siano violati od offesi la libertà, l’indipendenza e l’unità del paese.
Analogamente alle costituzioni di stampo filo-comunista, i diritti sono fondamentali al raggiungimenti di scopi e obbiettivi collettivi e non pensati al fine di salvaguardare i diritti del singolo cittadino (come invece nella Costituzione italiana).
Di conseguenza, l’esercizio delle libertà e dei diritti è rimesso alla volontà del Legislatore ordinario, che quindi possiede ampi margini di manovra, e del singolo giudice chiamato in causa. Tuttavia sebbene possa sembrare, come si è detto, un modo per camuffare una dittatura, la Costituzione iraniana comporta invece una prospettiva ottimistica su di un primo passo verso la democrazia, essendo l’unico caso, nel mondo islamico, a definire, quanto meno in modo embrionale, alcuni diritti degli individui, che in un futuro potrebbero addirittura evolversi e rafforzarsi fino al punto di imporre un’effettiva e reale garanzia di essi e della loro tutela a vantaggio del singolo cittadino.
Tutto ciò porta il clero, nella figura del Rahbar (Guida Suprema), attualmente l’ayatollah Ali Khamenei, ad esercitare il suo potere e la sua influenza “legalmente” su tutto il territorio iraniano, ma per non tradire l’aria democratica che si è voluto dare al paese, il titolare dell’azione di Governo resta il Presidente della Repubblica. Secondo l’articolo 113 della Costituzione, il presidente della Repubblica è la carica più alta ufficiale del paese dopo la Guida Suprema.
Prima della riforma costituzionale dal 1989, il presidente gestiva il potere esecutivo, il potere giudiziario e il potere legislativo e gli spettava il compito di nominare un Primo Ministro. Come visto nel paragrafo precedente, dopo la riforma della commissione voluta da Khomeini, i tre poteri tradizionali furono assegnati alla Guida Suprema e al presidente della Repubblica furono assegnati i poteri del primo ministro, quindi è il titolare dell’azione del governo.
L’articolo 115 della Costituzione iraniana dispone che il presidente venga scelto tra personalità di rilievo in campo politico e religioso, di cittadinanza e origine iraniana, non necessariamente appartenente al clero ma di indubbia fede musulmana, in possesso di capacità di leadership dimostrate da precedenti esperienze politiche e di sesso maschile (anche se la Costituzione non dispone che sia esclusivamente un uomo, infatti nel 2009 si discusse dell’eventuale candidatura di una donna che non ebbe luogo, ma fu il primo tentativo di aprire la discussione sulla tematica).
Il presidente è eletto a suffragio universale ogni quattro anni,può restare in carica per soli due mandati consecutivi e può ricandidarsi eventualmente dopo una “pausa” di quattro anni. Presta giuramento davanti all’Assemblea nazionale e si impegna nel suo discorso a difendere l’Islam, la Repubblica Islamica e la Costituzione.
Secondo l’articolo 122 della Costituzione, egli risponde delle proprie decisioni dinnanzi al popolo che lo ha eletto e gli ha dato la legittimità per governare; ma può essere incriminato di impeachment dal parlamento ed essere sfiduciato e non gode di alcuna immunità se è posto in arresto dalla magistratura per una violazione delle norme costituzionali o dei precetti dell’Islam. Attuale Presidente è Mahmoud Ahmadinejad, ex sindaco di Teheran, eletto nel 2005 e rieletto per il secondo mandato consecutivo nel 2009. Il 14 Giugno 2013 ci saranno le prossime elezioni e Ahmadinejad, dichiarato “servo” dello Stato islamico, infatti divenne famoso per essere stato il primo presidente a baciare la mano della Guida Suprema, non potrà essere rieletto e quindi si aprono molti scenari per il futuro dell’Iran. Già nel 2009 Il popolo a gran voce parteggiava per il candidato riformatore Mir-Hossein Mussavi, ultimo primo ministro dell’Iran prima che la carica fosse abrogata a seguito della revisione costituzionale, contestando la rielezione di Ahmadinejad e affermavano che le elezioni fossero state falsate e tali contestazioni sfociarono in manifestazioni denominate “Green Movement” che terminarono con la morte dell’innocente studentessa Neda Agha-Soltan e con gli arresti domiciliari del leader Mussavi.
Quest’anno si sono candidati ben 680 persone, tra cui una dozzina di donne, ma solamente una decina saranno considerati validi, e attualmente all’occhio dell’analista esterno, la corsa si divide tra due elementi: Ali Akbar Hashemi Rafsanjani e Esfandiar Rahim Mashaei.
Rafsanjani proviene da una famiglia di produttori di pistacchi e si è arricchito con il boom immobiliare degli anni Settanta, divenendo così uno degli uomini più ricchi dell’Iran. Presidente del parlamento dal 1980 al 1989, il 30 luglio 1989 quindici milioni di elettori lo scelsero come presidente della Repubblica e fu riconfermato per un secondo mandato nel 1993.
La sua parola d’ordine fu “ricostruzione” e, rispetto all’arretratezza di Khamenei, con il nuovo presidente l’arricchimento assunse una valenza etica positiva, giustificata dal fatto che era in stretti contatti con i rappresentanti del bazar, i mercanti. Rafsanjani era più interessato alle questioni economiche che a quelle politiche, dovette affrontare la crisi dovuta al conflitto con l’Iraq (quest’ultima durante la guerra, distrusse tutte le infrastrutture iraniane, bombardando fabbriche, centrali elettriche, raffinerie e porti) e i problemi derivanti dall’economia iraniana di stampo socialista. Il reddito pro capite degli iraniani era diminuito del 40% e fu costretto a sovvenzionare le famiglie dei martiri e a razionare i prodotti alimentari. Così facendo, i vertici della Repubblica Islamica attuarono i principi opprimenti sui quali si basava il regime.
Rafsanjani oggi è presidente del Consiglio per il discernimento, che dirige le dispute tra il parlamento e il Consiglio dei Guardiani, e dal dicembre 1997 è a capo dell’Assemblea degli Esperti che hanno il compito di nominare la Guida Suprema.
Sconfitto alle elezioni del 2005 da Mahmud Ahmadinejad, Rafsanjani si sta concentrando sugli studi religiosi e aprendosi la strada per diventare faqih. Così facendo, un giorno potrebbe diventare successore di Khamenei al ruolo di Guida Suprema, primo Rahbar dal turbante bianco nella storia dell’Iran (i turbanti neri come Khamenei e Khomeini rappresentano l’appartenenza a una famiglia di Seyed, cioè famiglia con discendenza dal profeta Maometto, mentre gli ayatollah con il turbante bianco non possono vantare tale linea di sangue). Sembrava che non avesse più propositi politici, ma è tornato alla ribalta come temibile candidato per il ruolo di Presidente.
Dall’altro lato abbiamo Esfandiar Rahim Mashaei. Dalla carriera politica abbastanza recente, ha iniziato la sua carriera nell’unità dell’intelligence delle Guardie della Rivoluzione e durante questo periodo ha conosciuto Ahmadinejad del quale è diventato intimo amico, è stato appunto primo Vice-Presidente del primo mandato di Ahmadinejad e attualmente il suo consigliere più fidato. La sua candidatura è stata fortemente voluta appunto dall’attuale presidente ed è ovvio che sia il suo delfino, anche se come il suo mentore non è ben visto dall’opinione mondiale: il New York Times l’ha definito “un massone, una spia straniera ed eretico, fa parte di una corrente deviata che vuole dominare l’Iran senza la mediazione del clero”. Accuse molto gravi in quanto la Massoneria in Iran è vietata dalla Costituzione e i suoi membri sono condannati a morte. Ma si pensa che Mashaei abbia molte chance di vincere poiché si dice che sia molto intelligente e apparentemente tranquillo, mentre gli altri candidati sono visti come “pezzi da museo” e non come persone capaci di traghettare l’Iran verso un nuovo futuro, Mashaei viene visto come il male minore. Però far vincere Mashaei vorrebbe dire continuare la politica contro il mondo finora perseguita da Ahmadinejad, con il rischio che ci si ritrovi in una situazione simile alla Russia con lo scambio continuo di poteri come tra Putin e Medvedev.
Tirando le somme, da una parte troviamo il vecchio e potente capitalista religioso e dall’altra parte troviamo il nuovo che avanza ma che rispecchia il vecchio. Chiunque vinca il punto resta sempre lo stesso: in Iran, in un modo o nell’altro, vincono gli ayatollah.
Altra prova? Il 23 maggio, a 20 giorni dalle elezioni, il Consiglio dei Guardiani ha fatto fuori dalle presidenziali questi due candidati, per paura della Guida Suprema di perdere la sua stabilità (ovviamente sono state eliminate anche tutte le donne candidate) lasciando solamente otto candidati, non tutti dotati di alto profilo politico. Ovviamente Rafsanjani, potente e temuto, e Mashaei, dalle spalle ben coperte, hanno già presentato ricorso.
Gli otto candidati rimasti sono i seguenti:
Saeed Jalili, nato a Mashad, 54 anni. Combattè la guerra tra Iran e Iraq tra le fila delle forze volontarie, riportando l’amputazione di una gamba. Nel 1989 è entrato come funzionario presso il ministero degli Esteri, e dopo anno è eletto direttore dell’Ufficio pianificazione politica. Nel 2001 è entrato a far parte della cerchia intima dei collaboratori della Guida Suprema e nel 2005 è diventato consulente del nuovo presidente, Mahmoud Ahmadinejad. Nel 2007 è stato chiamato a ricoprire l’incarico di Segretario del Supremo Consiglio di Sicurezza Nazionale, sostituendo Ali Larijani, divenendo così capo negoziatore sul programma nucleare iraniano. In una intervista rilasciata al Financial Times Jalili dichiara che “la rivoluzione islamica del 1979 ha ancora molto da offrire agli iraniani e al mondo musulmano”, e ha anche aggiunto che “la sua futura amministrazione, in caso di vittoria, continuerà a rispettare gli obbiettivi della Rivoluzione Islamica e i suoi principi sia in politica estera, sia in politica interna” sottolineando che “l’Iran ha diritto a perseguire il suo programma nucleare per scopi essenzialmente pacifici e medici, nel quadro del Trattato Nucleare di Proliferazione”.
Hassan Rowhani, nato a Sorkheh, 65 anni. Laureato in legge presso l’Università di Tehran, ha proseguito gli studi in giurisprudenza ottenendo un dottorato alla Glasgow Caledonian University in Scozia. Attualmente membro del Consiglio del Discernimento e dell’Assemblea degli Esperti, ricoprendo anche il ruolo di direttore del Centro del Consiglio delle opportunità per la ricerca strategica. Politicamente schierato tra le fila dell’ala moderata e centrista. Critico nei confronti delle politiche dell’amministrazione Ahmadinejad, ha dichiarato che “Il mio governo sarà il governo della prudenza e della speranza”. Secondo alcune indiscrezioni potrebbe essere il candidato a cui Rafsanjani, darà il suo appoggio nella corsa alla presidenza qualora il suo ricorso non fosse ammesso.
Gholam Alì Haddad Adel, nato a Tehran, 66 anni, Laureato in fisica presso l’Università di Shiraz, e in filosofia presso l’Università di Tehran, dove viene nominato professore di Filosofia occidentale nel 1985. Affianca l’attività politica alla carriera accademica. Eletto per quattro mandati consecutivi al Parlamento, ed è uno dei più stretti collaboratori della Guida Suprema Khamenei essendo anche imparentati, infatti, la figlia è sposata con Mojtaba, figlio dell’Ayatollah Khamenei. È membro del Consiglio per il Discernimento. Esponente del partito conservatore, ha esposto il suo piano di rilancio dell’economia nazionale, suddiviso in tre fasi: “nella prima fase il governo dovrà cercare il supporto degli economisti iraniani”, fase due: “date le sanzioni economiche imposte dall’Occidente, l’Iran dovrà dare prova di resistenza e non farsi piegare da queste”, fase tre: “nel terzo stadio, avremmo bisogno di un numero di persone coraggiose e valorose capaci di intraprendere i compiti necessari e risolvere i problemi economici, attraverso competenze necessarie”.
Mohammed Baqer Qalibaf, nato a Torqabeh, 52 anni. Nominato nel 1996 Capo dell’aeronautica militare fino al 2000, quando è stato nominato Capo della polizia. Insegna all’Università di Teheran, la più antica e importante del Paese. Sindaco di Teheran dal 2005. È stato definito dal Time “affascinante come un Bill Clinton iraniano e pio come un Bush musulmano”, ha affermato che se diverrà presidente la sua priorità sarà il risanamento dell’economia nazionale e la lotta alla disoccupazione. Ha dichiarato che “I problemi emergono quando il progresso rallenta e la disuguaglianza domina alla gioventù iraniana dovrebbe essere data la possibilità di giocare un ruolo maggiore nella politica e nelle attività economiche”.
Ali Akbar Velayati: nato nel villaggio Rostamabad, 67 anni, dottore in medicina specializzato in pediatria e malattie infettive presso la John Hopkins University. Attualmente è consulente per gli affari internazionali per la Guida Suprema. Afferma che è prioritario il rilancio dell’economia nazionale, colpita duramente dalle sanzioni occidentali, dichiarando che “Tutti si lamentano dei prezzi alle stelle e il tasso di inflazione aumenta mese dopo mese e si attesta intorno al 30%, mentre il tasso di disoccupazione sfiora il 24%”, e che quindi “Qualsiasi piano economico dovrà essere deciso da economisti e il presidente non dovrà interferire con le politiche finanziarie e monetarie”. Per quanto riguarda gli affari esteri, Velayati ha dichiarato che “la nostra politica estera dovrà essere modificata, in modo che l’Iran possa in futuro costruire migliori relazioni con gli altri paesi. Se verrò eletto presidente, userò i miei 16 anni di esperienza come capo della diplomazia iraniana per far sì che questo accada”.
Mohammad Reza Aref, nato a Yazd, 61 anni, PhD in Ingegneria della comunicazione, Ministro delle Telecomunicazioni e rettore dell’Università di Teheran. Ex vice-presidente durante la presidenza di Khatami.
Mohammad Gharazi, nato a Isfahan, 69 anni, Ingegnere, deputato e ex governatore delle province del Kurdistan e del Khouzistan. Ministro del Petrolio nel 1981 e Ministro dell Telecomunicazione dal 1985 al 1997.
Mohsen Rezaei, nato a Masjed Soleyman, di etnia Lor, 59 anni. Comandante in capo dei Pasdaran nel 1981, e dal 1997 Segretario del consiglio per la determinazione degli interessi dello Stato. Fondatore di due università per le forze armate.
La situazione attuale è questa, il peso politico degli otto candidati sembra ben equilibrato a primo acchitto e si prospetta un’elezione abbastanza “democratica”. Ci si potrebbe aspettare altri colpi di scena ma nel frattempo il clero sta vincendo ancora.
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