La richiesta turca di riunire con urgenza la NATO era funzionale ad una copertura politica, al massimo livello, affinchè si rivedessero le regole d’ingaggio e le autorizzazioni sull’uso della forza, da parte dell’Esercito e dell’Aeronautica, su eventuali interventi oltre confine e l’individuazione degli obiettivi da colpire in territorio siriano, anche in considerazione dell’azione aggressiva effettuata dall’esercito siriano in prossimità del confine turco.
Il comunicato stampa del Consiglio Atlantico, del 3 ottobre 2012, ha fortemente stigmatizzato la situazione al confine turco-siriano, definendola come una chiara ed evidente violazione del diritto internazionale ed un pericolo per la sicurezza turca e dei suoi alleati; “nello spirito di indivisibilità della sicurezza e della solidarietà derivanti dal Trattato di Washington, l’Alleanza chiede l’immediata cessazione degli atti di aggressione alla Turchia e delle fragranti violazioni siriane del diritto internazionale”. L’alveo dell’articolo 4 del Trattato NATO è quello delle consultazioni politiche e della concertazione tra i Paesi dell’Alleanza, in questo caso a livello di plenipotenziari (i rappresentanti permanenti dei facenti parte della NATO che siedono in Consiglio), non si è discusso della possibilità che la Turchia faccia ricorso all’articolo 5 sulla difesa collettiva.
Secondo fonti interne all’Alleanza, la Turchia è pronta a chiedere formalmente, entro fine 2012, il dispiegamento di una batteria di missili Patriot a difesa dell’integrità territoriale turca. A Praga, il Segretario Generale della NATO Rasmussen ha confermato l’esistenza di una pianificazione politico/militare volta alla difesa e protezione di Ankara, senza però scendere in ulteriori particolari.
Il Ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, a Roma il 12 novembre per il foro di dialogo Italo-Turco[2], durante un incontro con i giornalisti, ha dichiarato che gli aerei siriani volano talmente vicino allo spazio aereo turco da rappresentare una reale minaccia, tale da costringere a mantenere un costante ed elevato livello d’allerta delle forze armate.
Tra i provvedimenti presi da Ankara rientra lo schieramento di circa 200 carri armati al confine con la Siria, di caccia intercettori trasferiti nella base di Malatya[3] e dell’attivazione
dei radar antimissili NATO della base di Kurecek e il loro puntamento verso la Siria, al fine di potenziare il dispositivo militare per fronteggiare un eventuale conflitto, o l’ingresso dei caccia siriani nello spazio aereo dell’Alleanza.
Il coinvolgimento di Ankara nel conflitto aumenta anche a causa dell’esodo dei profughi dalla Siria verso il suo territorio, con decine di rifugiati che, quotidianamente, attraversano il confine, aggiungendosi ai 200 mila già presenti in Turchia.
Le preoccupazioni turche, relative al controllo dei propri confini, riguarda anche l’eventualità che tra i profughi e i rifugiati vi possano essere anche appartenenti a cellule terroristiche che si rifanno ad al-Qaeda. L’attentato avvenuto ad Aleppo, in Siria, che ha causato 25 morti e centinaia di feriti è stato, infatti, rivendicato dai due kamikaze che hanno rivendicato la loro appartenenza ad una cellula jihadista siriana, denominata “Fronte di Salvezza” che si rifà all’ideologia qaedista. Dell’attentato è stato postato un video pubblicato sui principali forum qaedisti dove, Abu Sayaf al-Shami, uno dei due attentatori, rivendica l’attacco e spiega la motivazioni dell’attentato di Aleppo scagliandosi contro il regime siriano[4].
Il riconoscimento della “Coalizione delle opposizioni in Siria”, con la creazione di un coordinamento politico, facilita un possibile intervento diplomatico e di mediazione della Comunità Internazionale (Nazioni Unite/UE), essendoci referenti delle forze di opposizione al regime siriano con cui dialogare in maniera proficua. Di recente, come spiegato dal Ministro degli Esteri turco, l’inerzia delle Nazioni Unite era dovuta anche dal fatto di non avere referenti politici dell’opposizione siriana con cui interloquire.
La Coalizione di Doha (così viene definita l’opposizione in Siria), guidata dall’Iman Moaz al Khatib, è stata riconosciuta anche dalle monarchie arabe del Consiglio di Cooperazione del Golfo, pronta a sostenere l’alleanza contro il regime di Assad sotto il profilo politico ed economico, mentre la Turchia e gli USA sono pronti ad un sostegno più militare ai ribelli, anche al fine di neutralizzare la minaccia derivante dal possesso di armi chimiche da parte siriana.
Una possibile svolta la si potrebbe avere con la creazione di una zona cuscinetto lungo il confine, con il supporto della NATO, una zona d’esclusione aerea su parte della Siria e di protezione del territorio turco; ciò anche al fine di poter meglio contenere l’esodo di profughi verso la Turchia, anche in ragione del fatto che centinaia sarebbero i combattenti qeadisti a svolgere un ruolo di primo piano nell’opposizione al regime di Assad.
[1] La richiesta turca è avvenuta in base all’art. 4 del Patto Atlantico: Le Parti si consulteranno quando, secondo il giudizio di una di esse, ritengano che l'integrità territoriale, l'indipendenza politica o la sicurezza di una di esse siano minacciate.
[2] http://www.esteri.it/MAE/IT/Sala_Stampa/ArchivioNotizie/Approfondimenti/2012/11/20121112_terzdavsiropp.htm
[3] Turkish air bases, http://www.globalsecurity.org/military/world/europe/airfield-tu.htm
[4] http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=m17BUyjBdTI
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