IL VOTO
La nuova compagine governativa del frammentato sistema politico israeliano, dovrà necessariamente cercare un ampio accordo sul bilancio e sulla linea economica da tenere.
Non trovare linee comuni significherebbe perdere rapidamente la maggioranza alla Knesset e tornare nuovamente al voto.
ECONOMIA
Le spese militari assorbono, in Israele, il 17% del PIL e sono otto/nove volte superiori alle spese di altri paesi europei.
Le nostre previsioni indicano che questa percentuale non sia destinata ad abbassarsi nei prossimi 5 anni.
Per ridurre il deficit di bilancio, il prossimo governo dovrà prevedere un aumento della pressione fiscale, tassando maggiormente le classi più agiate ed il mondo imprenditoriale, e chiaramente, la contestuale riduzione della spesa pubblica.
Si opporrà con vigore alla riduzione della spesa pubblica, la Comunità ultra – ortodossa, attualmente in crescita e dove gli uomini non sono produttivi, non lavorando.
Anche la sinistra si opporrà alla riduzione della spesa, suggerendo, per mantenere l’attuale standard di bilancio, un aumento della tassazione a scaglioni verso la popolazione più facoltosa.
Il tasso di crescita dell’economia si attesta sul 3%, grazie ai nuovi giacimenti di gas recentemente scoperti, il deficit di bilancio si posiziona sul 3%. Il PIL, nel 2012 è cresciuto del 3,3% e nel 2013 la previsione è analoga.
L’economista Stanley Fischer, governatore della Bank of Israel, ha, però, segnalato il pericolo di una rapida caduta in recessione con conseguente aumento del deficit di bilancio.
NUOVI LEADER
YAIR LAPID
Anchorman televisivo guida la nuova lista Yesh Atid, centrista, rivelazione delle elezioni israeliane.
Con 19 seggi si colloca al secondo posto dietro la coalizione di destra di Benjamin Netanyahu.
Uomo di immagine, molto amato dall’elettorato femminile, leader di un movimento nato da alcuni mesi, Yesh Atid, tradotto “Cè un futuro”, ha monopolizzato la campagna elettorale utilizzando la grande popolarità conquistata nella televisione commerciale Canale Z.
Figlio dell’ex ministro della giustizia Yossef Lapid, superstite della Shoah e della scrittrice Shulamit Lapid, ha improntato la campagna elettorale sui giovani e sulla classe media di estrazione laica.
Prudente sul negoziato con i Palestinesi e con la situazione iraniana, sarà certamente l’ago della bilancia.
NAFTALI BENNET
Quarantenne, leader indiscusso del partito Habayt Hayehudi, letteralmente “la casa ebraica”, formazione nata dall’incontro di più realtà tra cui il partito nazionale religioso ed il partito dei coloni Mafdal, vive a Tel Aviv, professionalmente ha avuto successo nell’hi-tec. Nega qualsiasi accordo di pace con i Palestinesi.
Il Likud guarda Bennet con molta attenzione.
I PARTITI
Blocco di centrodestra: 61 seggi
Likud-Beytenu, 31 seggi: Questa alleanza è il principale sconfitto di queste elezioni, dato che alle precedenti elezioni politiche, nel 2009, i due partiti separati avevano ottenuto complessivamente 42 seggi. Riunisce il Likud di Benjamin Netanyahu e Yisrael Beytenu del populista Avigdor Lieberman.
Il Likud (“consolidamento”), partito di centrodestra e di orientamento liberale in politica economica, è il partito del primo ministro uscente Benjamin Netanyahu, e ha una tradizione di conservatorismo sociale e particolare durezza riguardo la questione palestinese. Durezza attenuata, nella pratica, da molti leader più pragmatici del loro elettorato: Netanyahu, nel suo partito, è considerato un moderato. Il Likud e i partiti di cui è erede sono stati all’opposizione per quasi trent’anni, dalla fondazione di Israele nel 1949 al 1977, anno in cui il partito ha assunto il nome attuale. Slogan: “Un primo ministro forte per un Israele forte”.
Israel Beiteinu (“Israele, la nostra casa”) è il partito dell’ex ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, un personaggio molto discusso, accusato dai suoi critici di essere razzista, corrotto e ultranazionalista: il suo partito è principalmente quello della grande minoranza di origini russe ed è di orientamento piuttosto laico sulle questioni religiose, mentre è noto per le sue posizioni molto intransigenti nei confronti del dialogo con i palestinesi.
I due partiti sono favorevoli a un intervento militare contro il programma nucleare iraniano.
Habayit Hayehudi (La Casa ebraica), 12 seggi: Destra nazionalista religiosa di Naftali Bennet, ex capo di gabinetto di Netanyahu, è nato nel 2008 ed è il successore di un partito dalla lunga tradizione, il Mafdal. È un partito dalla forte ispirazione religiosa e sostiene fortemente il sionismo (il rimpatrio degli ebrei della diaspora in Israele), visto come uno strumento di Dio. Nel corso degli anni si è spostato sempre più verso destra, tanto che da alcuni è visto oggi come il braccio politico del movimento dei coloni degli insediamenti della Cisgiordania. E’ alleato con il partito di estrema destra Unione nazionale, a favore di un’istruzione ebraica e sionista e l’annessione del 60 per cento della Cisgiordania. Slogan: “Una nuova partenza”.
Shas (sigla che sta per “guardie sefardite della Torah”), 11 seggi: Partito ultraortodosso, guidato da Elie Yishai, Arieh Deri e Ariel Attias ma sotto l’autorità spirituale del rabbino novantenne Ovadia Yossef, è stato fondato nel 1984 come rappresentanza soprattutto degli haredim di origini sefardite (cioè della penisola iberica) o mizrahi (dei paesi arabi), tradizionalmente più poveri e abitanti dei piccoli centri. Ha creato una solida base elettorale anche fuori da quei due gruppi, che gli dà un ruolo centrale nella formazione di quasi tutti i governi di coalizione dalla sua nascita ad oggi. Negli ultimi anni si è spostata su posizioni intransigenti nella questione palestinese, mentre in origine si occupava soprattutto di tematiche religiose e faceva pressioni per maggior spazio da dare all’ebraismo nello stato di Israele.
È contrario alla leva militare obbligatoria per gli ultraortodossi e favorevole a un sistema di istruzione religioso, vuole inoltre una maggior giustizia sociale. Slogan: “Solo uno Shas forte può difendere i deboli”.
Giudaismo Unito nella Torah (in ebraico Yahadut HaTorah HaMeukhedet), 7 seggi: è l’unione nata nel 1992 tra due piccoli partiti religiosi particolarmente litigiosi tra loro, diretta da un consiglio di rabbini. È contrario al servizio militare obbligatorio per gli ultra-ortodossi e favorevole a un maggior rispetto dei comandamenti della Torah (“libro santo”). È particolarmente forte a Gerusalemme, dove ha raggiunto quasi il 20 per cento nel 2009. Preferisce non occuparsi del conflitto israeliano-palestinese e si concentra solo sulle tematiche religiose. Slogan: “Siamo tutti interessati dal mondo della Torah”.
Blocco di centrosinistra: 59 seggi
Yesh Atid, 19 seggi: è il grande vincitore di queste elezioni. È un partito moderato e laico, di centro, fondato nel gennaio 2012 da Yair Lapid, popolarissimo giornalista televisivo israeliano. Sulla questione palestinese il suo programma è notoriamente vago, preferendo concentrarsi sulla lotta alla corruzione, i diritti civili e una maggiore laicità dello stato, la riduzione delle dimensioni del governo e del costo della vita. È a favore del servizio militare obbligatorio per tutti, una riduzione delle imposte per il ceto medio e la ripresa dei negoziati con i palestinesi. Slogan: “Cambieremo le cose”.
HaVoda (Partito Laburista), 15 seggi: guidato dall’ex giornalista Shelly Yachimovich, è il tradizionale partito politico del centrosinistra israeliano e il lontano discendente del movimento sionista, di ispirazione fortemente laica e socialista, al governo nei primi decenni della vita di Israele. Nel corso del tempo, il suo nazionalismo è andato diminuendo per una maggior apertura al dialogo con i palestinesi (era il partito di Yitzhak Rabin). Si batte per la difesa del ceto medio, più giustizia sociale e una ripresa dei negoziati con i palestinesi. Slogan: “È possibile migliorare la situazione qui”.
Meretz (Energia), 6 seggi: È il partito ebraico più a sinistra di Israele, guidato da Zahava Gal’On. Fondato nel 1992, noto per le sue posizioni a favore del dialogo con i palestinesi e per la difesa dei diritti civili laici, tra cui quelli delle donne e degli omosessuali. Da anni, come dimostra anche questo risultato, attraversa una perdita di consensi elettorali a causa del noto spostamento verso destra dell’elettorato israeliano e della polarizzazione del conflitto israelo-palestinese. Sostiene il ritiro di Israele dalla Cisgiordania e la creazione di uno stato palestinese. Slogan: “L’unico partito di sinistra”.
Hatnouah (Il Movimento), 6 seggi: è stato creato meno di due mesi fa da Tzipi Livni, ex leader del partito centrista Kadima, dopo la sua sconfitta nel marzo del 2012 nella lotta per la guida del partito, vinta da Shaul Mofaz. Vi hanno aderito sette deputati di Kadima e due dirigenti del partito laburista. Promuove la ripresa dei negoziati con i palestinesi, la leva obbligatoria per tutti e una riforma del sistema parlamentare. Slogan: “La speranza sconfiggerà la paura”.
Kadima, 2 seggi: primo partito alla Knesset nel 2009, guidato dall’ex ministro della Difesa Shaul Mofaz, ha perso parte dei suoi deputati che si sono candidati con liste concorrenti. Venne fondato nel 2005 da Ariel Sharon, quando il suo impegno unilaterale per l’abbandono di Gaza causò una crisi nel Likud, ma negli ultimi anni è praticamente scomparso per una serie di abbandoni dei suoi parlamentari verso destra e verso sinistra. È a favore del servizio militare obbligatorio e dei negoziati con i palestinesi. Slogan: “In avanti!” (nome del partito in ebraico).
Lista araba unita – Ta’al, 4 seggi: guidato da Ibrahim Sarsour, è il primo dei cosiddetti partiti “arabi”, che rappresentano, per la maggior parte, la minoranza di cittadini israeliani che è di origine araba e di religione musulmana (circa il 20 per cento, anche se alcuni sono di religione cattolica o drusa). Gli arabo-israeliani tendono a identificarsi come palestinesi e si sentono spesso, con più di una ragione, discriminati e messi da parte nello stato di Israele.
Balad (sigla per “assemblea nazionale democratica”), 3 seggi: è ancora più deciso della prima nella sua critica allo stato di Israele: è noto ad esempio per sostenere apertamente Hezbollah.
Hadash (Nuovo) (sigla per “Fronte democratico per la pace e l’uguaglianza”), 4 seggi: Partito giudeo-arabo comunista, è diretto da Mohamed Barakeh. Antisionista, si batte per uno stato palestinese e una redistribuzione sociale.
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