L’intento che ha portato Quirico in Siria era di raccontare la rivoluzione e la guerra civile seguendo il proprio credo giornalistico, vale a dire raccontare quanto provato direttamente sulla propria pelle. Eppure si è detto tradito da quella stessa rivoluzione, non più una rivolta contro il regime: «non è più la rivoluzione laica di Aleppo, è diventata un’altra cosa» ha dichiarato ai giornalisti. Poi, in collegamento con la trasmissione televisiva Ballarò, Quirico parla di banditi e d’interessi economici che avrebbero ormai in larga parte soppiantato i militanti e gli ideali politici della “prima rivoluzione”.
Una percezione diffusa ormai in quasi tutto il mondo occidentale; una realtà che sembra perlopiù costituita da spettatori passivi, spettatori di una crisi che imperversa ormai da oltre due anni e che ha perso il proprio carattere regionale trascinando nelle sue spire i grandi centri di potere globali. Una testimonianza, quella di Quirico, che sembra ormai certificare il crollo di uno dei grandi miti degli ultimi anni: quello della Primavera Araba. Così, mentre i leader politici si confrontano in termini demagogici rivendicando l’inviolabilità di uno stato sovrano o aborrendo dinanzi all’uso di armi chimiche, l’unica cosa a restare invariata è la sofferenza della popolazione civile siriana, intrappolata tra il fuoco dell’esercito governativo e quello di un frammentato fronte rivoluzionario.
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