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13-09-2013

IL RITORNO DI QUIRICO: STORIA DI “UN’ODISSEA MARZIANA” E DI UNA RIVOLUZIONE TRAVIATA

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“Un’Odissea marziana”, così Stanley Weinbaum intitolò un proprio romanzo di fantascienza nel 1994. Curiosamente, con le stesse parole si potrebbe presentare la vicenda di Domenico Quirico

Scomparso in Siria il 9 aprile, tornato a casa il 9 settembre: Quirico è alla fine libero. Cinque mesi trascorsi nelle aride terre siriane, in quella che lo stesso giornalista ha definito come «una sorta di Odissea»; una lunga reclusione trascorsa «tra bombe, fughe e umiliazioni». Per il corrispondente de La Stampa è stato come vivere sul Pianeta Rosso: «è come se fossi vissuto per cinque mesi su Marte. E ho scoperto che i marziani sono cattivi [...] In prigionia? Non mi hanno trattato bene». Queste sono state le prime parole pronunciate dall’inviato del quotidiano torinese al suo rientro in Italia. 

L’intento che ha portato Quirico in Siria era di raccontare la rivoluzione e la guerra civile seguendo il proprio credo giornalistico, vale a dire raccontare quanto provato direttamente sulla propria pelle. Eppure si è detto tradito da quella stessa rivoluzione, non più una rivolta contro il regime: «non è più la rivoluzione laica di Aleppo, è diventata un’altra cosa» ha dichiarato ai giornalisti. Poi, in collegamento con la trasmissione televisiva Ballarò, Quirico parla di banditi e d’interessi economici che avrebbero ormai in larga parte soppiantato i militanti e gli ideali politici della “prima rivoluzione”.

Una percezione diffusa ormai in quasi tutto il mondo occidentale; una realtà che sembra perlopiù costituita da spettatori passivi, spettatori di una crisi che imperversa ormai da oltre due anni e che ha perso il proprio carattere regionale trascinando nelle sue spire i grandi centri di potere globali. Una testimonianza, quella di Quirico, che sembra ormai certificare il crollo di uno dei grandi miti degli ultimi anni: quello della Primavera Araba. Così, mentre i leader politici si confrontano in termini demagogici rivendicando l’inviolabilità di uno stato sovrano o aborrendo dinanzi all’uso di armi chimiche, l’unica cosa a restare invariata è la sofferenza della popolazione civile siriana, intrappolata tra il fuoco dell’esercito governativo e quello di un frammentato fronte rivoluzionario.

© Riproduzione Riservata

Alessandro Mazzilli

Laurea in Scienze Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Torino.

Esperto in Politica Estera di Difesa e Sicurezza e sulle relazioni Euro – Atlantiche.

Analista Geopolitico

Consulente in Servizi di Stuarding e controlli di sicurezza.

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