Since the emergence of the modern Iraqi state from and on the ruins of the Ottoman Empire, the Iraqi Christians started to have a ray of hope and experience some religious freedom and active civil participation in public life, based on the new principles of citizenship, nationalism and secularism adopted by the new government in building new institutions for the country. All that made the Iraqi Christians more interactive and the first among others to absorb the changes, being significantly instrumental in rolling the wheel of development.
Il presidente della Turchia Erdogan ha dichiarato ieri che la città curdo-siriana di Kobani sta per cadere migliaia di persone sono fuggite dalle loro case.
La prospettiva che la città possa cadere in mano all’ISIS ha fatto aumentare la pressione sulla Turchia al fine di una partecipazione insieme alla coalizione internazionale per la lotta contro i Jihadisti.
Un’immagine che ha fatto il giro del mondo: la bandiera nera dello Stato Islamico che sventola su un palazzo di Kobani (conosciuta anche come Ayn al-Arab), centro curdo nella Siria occidentale a soli 15 km dal confine turco.
Attenzione, però, a parlare di un’imminente “invasione” verso l’Europa. Bisogna tener presente che la Turchia non è la Siria e non è l’Iraq. A differenza degli altri due paesi, la Turchia gode di una fondamentale stabilità politico-istituzionale che garantisce solidità al paese; le sue forze armate sono meglio preparate ed equipaggiate e, infine, è Paese Membro della NATO (organizzazione pronta a fornire il proprio supporto in caso di spillover).
Il primo ministro Israeliano Benjamin Netanyahu nel corso del suo ultimo discorso all’ONU, ha descritto lo Stato Islamico, l’Iran e il gruppo militare di Hamas che controlla la striscia di Gaza come un unico team aggiungendo che i nazisti credevano in una razza padrona alla quale tutte le altre razze avrebbero dovuto sottomettersi allo stesso modo gli islamisti credono che la loro fede si debba imporre su tutte le altre fedi.
L'Isis conta su un organico molto eterogeneo composto da ex militari e specialisti provenienti dall'area islamista estrema mediorientale asiatica ed europea, oltre a loro hanno aderito al Califfato anche non esperti che reclutati attraverso i noti canali pseudo-religiosi, dopo un breve addestramento (da tre a sei mesi a seconda delle esigenze) vengono inseriti nelle file dei ribelli; fare una stima esatta del numero degli appartenenti è attualmente impossibile, tuttavia si può ipotizzare un numero che oscilla tra i 28.000 ed i 40.000 uomini.
Nella religione islamica il gatto ha sempre avuto un ruolo importantissimo essendo l' animale preferito dal profeta Maometto. La propaganda del Califfato ha scelto quindi il gatto per sbarcare nella rete alla ricerca di nuovi adepti a cui proporre un movimento più umano e giusto creando su twitter il profilo "Stato islamico del gatto". Sembrerebbe questo un tentativo quasi ridicolo di dare corpo nella rete ad una massiccia campagna di avvicinamento di nuovi combattenti eppure funziona.
Per il premier israeliano Netanyahu, Deif è morto la scorsa notte insieme alla moglie ed alla figlia piccola, sotto le macerie della sua casa nel quartiere di Sheikh Radwan a Gaza, bombardato dall' aeronautica della Stella di David. Hamas smentisce la morte del leader ed alimenta la leggenda del nemico numero uno di Israele.
Dalla striscia sono stati lanciati fino ad ora 175 razzi (fonte esercito israeliano) per contro sono ricominciati i raid aerei dell' idf che hanno provocato nelle file dei palestinesi oltre 20 morti. Gli attacchi si sono concentrati sulla palazzina nel rione di Sheikh Radwan nella speranza di mettere in ginocchio la resistenza di Hamas dopo molte settimane di combattimenti.
Il presidente americano Barack Obama ha autorizzato attacchi aerei in Iraq contro le forze sunnite jihadiste dello Stato Islamico (IS). Tali attacchi possono sì fare una certa differenza ma resta da capire in quali termini.
L’obiettivo del presente articolo è quello di fornire un quadro di riferimento e di analisi circa:
- l’attuale crisi in Iraq (paragrafo 2),
- la questione legata allo sviluppo nucleare iraniano (paragrafo 3),
- l’attuale crisi in Ucraina (paragrafo 4).