Dalga è un paese di campagna ad Al-minya in Egitto, che a seguito a delle proteste e a delle manifestazioni pacifiche fatte dai suoi abitanti contro il regime golpista, è stato invaso da poliziotti e militari con carri armati, elicotteri ed altro, bombardata con armi pesanti e circondata dalle forze armate egiziane vietando l'entrata e l'uscita di qualsiasi persona.
Hanno distrutto e bruciato case, arrestato persone con la scusa di cercare armi pesanti e laboratori di produzione d'armi e per proteggere i cristiani del luogo che secondo il racconto dei golpisti venivano perseguitati. Nonostante tutto i abitanti di Dalga non hanno risposto alle provocazioni e continuano tutt'ora a scendere ogni giorno in manifestazioni pacifiche.
Ieri giornata storica per la diplomazia internazionale, il presidente Obama ha telefonato al suo omologo iraniano Rohani. È il primo contatto diretto tra un presidente USA e uno iraniano dal lontano 1979. A chiamare è stato Barack Obama, nel giorno in cui il nuovo leader di Teheran ha impresso un’ulteriore accelerazione al dialogo affermando che “Presenteremo un primo piano sul nucleare già a Ginevra il 15 e 16 ottobre. Un tavolo al quale parteciperemo insieme al 5+1 senza porre alcuna precondizione.
Watch Amanpour's interview with Iranian President Hassan Rouhani on CNN International on Wednesday at 1400 ET / 2000 CET
By Mick Krever, CNN
Iranian President Hassan Rouhani on Tuesday delivered his first English-language TV message to the American people in an interview with CNN's Christiane Amanpour.
In the name of God, the Compassionate, the Merciful
Praise be to God, the Lordofthe worlaÿ. Blessing andPeace be upon our Prophet Mohammad and his kin and companions.
Mr. President, Mr. Secretary-General, Excellencies, Ladies and Gentlemen,
At the outset, I would like to offer my most sincere felicitations on your deserved election to the presidency of the General Assembly and seize the moment to express appreciation for the valuable efforts of our distinguished Secretary-General.
«Sulla base delle prove raccolte [...] la conclusione è che il 21 agosto 2013 sono state utilizzate armi chimiche nel conflitto in corso nella Repubblica Araba di Siria, anche contro civili, compresi bambini. [...] I campioni ambientali, chimici e medici che abbiamo raccolto forniscono prove chiare e convincenti sull’uso di razzi superfice-superfice contenenti l’agente nervino Sarin». Queste sono le conclusioni tratte dagli ispettori dell’ONU nelle quarantuno pagine dell’attesissimo rapporto sulla strage di Damasco dello scorso agosto.
Soltanto con l’adottare la minaccia militare, l’America è stata capace di spingere la crisi siriana verso una fase di presenza internazionale determinante.
L’uso di armi chimiche è stata la scintilla che poteva portare la guerra verso un intervento esterno.
L’asse russo nel suo contempo ha adottato una strategia che mira a privare gli Stati Uniti da eventuali legittimi motivi per lanciare un attacco contro la Siria.
Jorge Bergoglio entra a gamba tesa nel G20 di San Pietroburgo e lancia un messaggio pesante al cattolico Denis Mc Donough, capo di Gabinetto di Obama, per dissuadere gli USA ad intervenire militarmente in Siria.
Per Papa Francesco non esiste una guerra giusta, nessuna guerra è umanitaria, l’appello per la pace in Siria ha convinto anche Ahmed Badreddin Hassoun, leader spirituale sunnita, che sabato nella Moschea degli Omayyadi a Damasco, proporrà, su invito del Pontefice, una giornata di digiuno e preghiera per la Siria.
Il presidente Obama sta cercando di convincere, dobbiamo attendere almeno fino alla metà della prossima settima per il voto finale, il Congresso di sostenere l’azione militare contro la Siria al fine di punire il presidente Bashar Al- Assad per aver ordinato l’uccisione di centinaia di persone con gas tossico.
Ma in che cosa dovrà consistere la punizione? Obiettivi militari colpiti da missili USA? Bombardamento del palazzo presidenziale di Assad seguendo lo stile Regan che bombardò il palazzo di Gheddafi? Bersagli fissi, che potrebbero includere campi di aviazione? Per il momento sappiamo con certezza che all’attacco non seguirà una operazione “boots on ground”.
La guida suprema dell’Iran Ali Khamenei ed il Capo della Commissioni Esteri del parlamento iraniano Hossein Naqavi Hosseini hanno affermato nei giorni scorsi che un eventuale attacco occidentale assegnerebbe alla Siria il diritto di reagire contro Israele e contro le basi americane in Medio Oriente.
Russia e Cina hanno dichiarato di non accettare nessuna posizione interventista e di porre il proprio veto a qualsiasi risoluzione ONU contro la Siria, in particolare il Ministro degli Esteri Russo Lavrov ha ufficialmente chiesto di aprire una discussione alle Nazioni Unite per valutare i rischi di instabilità globale nell’area a causa di un ipotetico attacco missilistico statunitense,in considerazione del fatto che le prove di utilizzo di gas Sarin da parte di Assad non sono state documentalmente presentate.
Il governo siriano nega di aver gasato il proprio popolo e ha giurato di difendersi da eventuali attacchi occidentali.
La maggior parte della popolazione fino a ieri, favorevole ad interventi stranieri, ora che sembrano una realtà, comincia a preoccuparsi, nutre il giustificato timore che in caso di intervento ci possano essere molte vittime tra la popolazione civile.